49.152

redazione

Marsala

49.152

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sabato 24 Novembre 2018 - 07:30

Sono 49.152 le donne che possono ancora occupare un posto perchè hanno scelto di uscire da un circuito di violenze familiari nella maggior parte dei casi. 49.152 donne – e sono davvero ancora tante – che si sono rivolte ai Centri Antiviolenza lo scorso anno; di queste, 29.227 hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza. Il 26,9% delle donne che si rivolgono ai centri sono straniere e il 63,7% ha figli, minorenni in più del 70% dei casi. Sono i dati raccolti dall’Istat in collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità, le Regioni e il Consiglio nazionale della ricerca.

Un numero elevato sì, ma che fa emergere un dato positivo: il tanto lavoro fatto dalle operatrici, dalle associazioni e dalle Istituzioni su questa terribile piaga, sta iniziando a produrre i suoi frutti, sensibilizzare le donne, sin da giovanissime, a denunciare un partner violento, un marito, un padre, un datore di lavoro. A volte un figlio. A far comprendere che potranno essere realmente tutelate – spesso infatti c’è tanta diffidenza nei confronti della giustizia e delle forze dell’ordine – e non lasciate da sole. Dietro al timore di parlarne c’è la paura di uno scandalo, di essere “sulla bocca di tutti”, di perdere un lavoro. Superando queste paure però, si torna a vivere. Oggi la rete di Centri Antiviolenza nello Stato Italiano è capillare e la legge tende a proteggere la donna vittima di violenze e a rifugiarla se ce ne fosse l’urgenza. Ancora si può fare tanto, soprattutto dal punto di vista sanitario. Per quanto concerne l’ambiente di lavoro, è nato l’Osservatorio inter-istituzionale sulla partecipazione femminile negli organi di amministrazione e controllo delle società italiane, istituito grazie ad un Protocollo d’intesa sottoscritto dal Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri per le Pari Opportunità, la Consob e la Banca d’Italia.

Nelle scorse settimane è emerso infatti che le donne negli ambienti societari (ma non solo naturalmente) vengono ostacolate ai vertici. Eppure “la scalata” è un termine femminile. Non è, e non deve essere così. In merito posso dire che anche il linguaggio è importante. E non mi riferisco solo ad una “a” al posto di una “o”. Mi capita di leggere post sui Social del tipo “Una donna non si tocca neanche con un fiore”, scritte dagli stessi uomini che poi si rivolgono alle donne con epiteti vergognosi. Il trinomio donna-moglie-madre poi, come stereotipo, deve essere superato. Una donna deve potersi sentire amata, orgogliosa, realizzata nel momento in cui fa una scelta di vita serena. Una scelta che non sia indotta dalla società che ha tuttora forti retaggi patriarcali.

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