Marco Pannella: la grammatica storica dell’anticonformismo

redazione

Marco Pannella: la grammatica storica dell’anticonformismo

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domenica 22 Maggio 2016 - 11:55

Qualcuno ha scritto che Marco Pannella ha avuto tra l’altro il talento di fare della sua follia un metodo. Un metodo rimasto incredibilmente resistente, che gli ha permesso di incarnare fino al ‘sacrificio’ dell’automonumentalizzazione l’utopia radicale, anche (e soprattutto) quando quella straordinaria follia – negli ultimi anni – ha subito tutte le trasfigurazioni che il tempo rende eroicamente molto più visibili negli uomini leggendari come lui.
Al di là delle beatificazioni di rito e dell’agiografia seriale (di cui probabilmente il provocatore d’antan si sarebbe fatto le dovute beffe), nella memoria di intere generazioni, la figura di Pannella continuerà a essere trasversalmente recepita in primo luogo come la grammatica storica dell’anticonformismo e del politicamente scorretto. In un’Italia ancora cattolica e provinciale, infatti, non c’è laico (vero) e libertario (autentico) che non abbia contratto almeno un debito di riconoscenza sia con la follia pannelliana – anche con quella più teatrale e egocentrica, autoreferenziale e contraddittoria – che con tutte le declinazioni del suo metodo.
Con la scomparsa di Pannella non si conclude semplicemente un ciclo storico, ma una storia vera e propria. E non è soltanto la solita questione del complesso di Crono o di inimitabilità della sua lezione: Marco Pannella rimane, coerentemente, un Maestro senza allievi: il protagonista assoluto di una stagione (umana e politica) irripetibile. Un’icona a dir poco ingombrante, nel bene e nel male. L’arcipelago dei pochi radicali sopravvissuti – abitato ormai quasi esclusivamente da aspiranti ereditieri, epigoni settari, parricidi imperfetti e liberali alla ribollita – non possiede nemmeno l’ombra del carisma tanto istrionico quanto disarmato di Pannella. Perché non c’è nessuno oggi che sia in grado di reincarnare metodicamente la sua follia.

Francesco Vinci

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