Trapani insegna

Vincenzo Figlioli

Marsala

Trapani insegna

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sabato 11 Giugno 2016 - 06:28

Lo confesso: ho tifato per il Trapani giovedì sera. Ho sperato sinceramente che il miracolo calcistico messo assieme da Serse Cosmi venisse coronato da un happy end finale, consentendo il prossimo anno a tutti gli appassionati della provincia di potersi recare nel capoluogo ad assistere ai match dei granata contro la Juventus, il Milan, la Roma, il Napoli o l’Inter. Tuttavia, non mi stupiscono né mi indignano i campanilismi di chi, da Marsala, ha gufato il Trapani e ha esultato al gol del pareggio pescarese: le rivalità, i campanilismi, sono il sale del calcio. E sono certo che a parti invertite, se fosse stato il Marsala a giocarsi la serie A in una finale dei play off, anche tra i cugini trapanesi avremmo avuto un bel carico di “gufi”. Il problema, però, è che di questo passo le parti non si invertiranno mai. Il glorioso Marsala di fine anni ’90 (quello di Morgia, Sorce, Leto, Barraco, Erbini, Di Renzo, Evra e compagnia) è ormai uno sbiadito ricordo a fronte di un presente sempre più precario, che anche quest’anno ha consegnato ai tifosi lilibetani l’ennesima delusione, con una retrocessione sicuramente evitabile che ha lasciato una grande amarezza in città.

Se davvero si vuole far calcio in maniera seria a Marsala bisogna cambiare rotta. E questa società non sembra capace di farlo. Anche il Trapani, anni fa, navigava nelle retrovie del professionismo. Dopo di che la città, politica compresa, decise che si doveva costruire un progetto vero per portare i granata nell’Olimpo del calcio. Senza la giuste premesse un imprenditore come Vittorio Morace non avrebbe mai accettato di guidare una società calcistica in una piazza come Trapani. E se fior di imprenditori autoctoni continuano a restare alla larga dal Marsala, evidentemente hanno le loro ragioni. Se ci fosse un progetto serio, con dei garanti affidabili, le cose sarebbero diverse e la possibilità di avere una società robusta e strutturata, in grado di ambire a traguardi importanti non resterebbe un’utopia. Se poi proprio non si riesce a prendere esempio da quello che si è realizzato in questi anni a Trapani, si guardi almeno al lavoro encomiabile che è stato fatto nel volley e che sta consentendo alla compagine marsalese di disputare stagioni entusiasmanti nelle categorie più prestigiose. I tifosi lilibetani, appassionati come pochi altri in Sicilia, meritano ben altre soddisfazioni rispetto allo spettacolo offerto in questi anni dalle maglie azzurre. Ma anche il resto della città dovrebbe comprendere l’importanza di un settore sportivo capace di ambire a traguardi importanti. Il calcio, come gli altri sport, se fatto con serietà, può avere un grande valore sociale per i giovani del territorio. Ma, al contempo, accende i riflettori dei media, fa arrivare tifosi da tutta Italia, crea opportunità, contribuendo al racconto di una terra che può contare su tante bellezze ma che fa sempre tanta fatica a promuoverle.

Fin quando a Marsala si continuerà a ragionare in termini di piccoli tornaconti personali o di singoli orticelli da preservare da ingerenze esterne, ci sarà ben poco da fare. Viceversa, il giorno in cui si tornerà a immaginare il futuro dello sport cittadino all’interno di una logica integrata, allora potremo finalmente ambire a risultati diversi. Come Trapani insegna.

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