“Il Mito e la Storia” di Gioacchino Aldo Ruggeri

redazione

“Il Mito e la Storia” di Gioacchino Aldo Ruggeri

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lunedì 08 Agosto 2016 - 17:18

Per completare l’affascinante viaggio intrapreso con Fabio D’Anna, autore de “Il Marsalese – Atto Secondo, non potevo mancare all’appuntamento del 31 luglio presso il Complesso Monumentale San Pietro, in occasione della presentazione del libro di Gioacchino Aldo Ruggeri, Il Mito e la Storia. Non intendo per questo mettere a confronto i due eventi per stabilire quale sia stato il tragitto migliore e più appagante per me. Semmai, senza chiamare in causa i protagonisti, voglio segnalare alcuni aspetti che a me sono sembrati avere qualcosa in comune e che mi hanno coinvolto profondamente: l’interesse viscerale che entrambi gli scrittori hanno riservato a Marsala e ai propri concittadini. Dell’ incontro con D’Anna questo giornale ha voluto gentilmente pubblicare una mia nota. Ora più che parlare del suo libro desidero soffermarmi su questo mitico personaggio che finora, pur essendo io marsalese di Berbaro, migrato a Roma da decenni, non avevo avuto la ventura di ascoltare e apprezzare. Come in ogni evento che si rispetti conta molto la capacità organizzativa, il livello e la disponibilità degli sponsor, il presentatore, la coreografia, e tutto ciò che rende gradevole l’ambiente circostante.

Quella sera questi ingredienti c’erano tutti e tutti erano rappresentati al massimo livello. Bastava percorrere un tratto dell’androne per raggiungere i posti a sedere davanti al grande parco e ti imbattevi in uno straordinario immenso tappeto di sale in cui erano raffigurati alcuni paesaggi della più che millenaria storia lilibetana. Sull’ampio palco, allestito per ospitare altre rappresentazioni teatrali e musicali, insieme al Preside Ruggeri un giovane editore, intelligente e brillante, che gli porgeva delle domande e accanto a lui un attore, bravissimo, che di volta in volta, con la giusta scansione, leggeva alcuni brani che, indipendentemente dal valore dato da chi li aveva scelti, rendeva oltremodo vivide e dense di significato l’intera opera. Sullo sfondo, un film documento che riprendeva le immagini di Mozia e delle isole vicine, oltre che lo strabiliante, ineguagliabile paesaggio dello Stagnone e delle confinanti saline con l’immancabile mulino a vento e il fenicottero che gli gira intorno. Mi rendo conto della forzatura della descrizione che può risultare persino stucchevole ma l’ho fatto per esaltare giustamente la presenza dominante e mai esorbitante di Ruggeri. I suoi allievi erano accorsi in massa, alcuni con le proprie famiglie, per ascoltarlo e imparare ancora da lui la sua lezione di vita. Che in sostanza era un appello ad amare la propria città, un amore che nasce ed è destinato a durare anche attraverso il racconto di una storia tra un mortale e una dea pagana o ascoltando la voce dello Stagnone, una laguna viva, che per la prima volta prende la parola, per parlare di sé.

Mi ha colpito il richiamo alla Grande Bellezza, un tema ricorrente che sta molto a cuore al preside Ruggeri. Il suo significato lo ha spiegato in un recente incontro con il Movimento Apostolico dei Ciechi di Marsala. “E’ nella contemplazione della vita e della morte, essenze complementari nel rapporto tra l’umano e il divino, tra l’immanenza e la trascendenza, tra l’essere qui e l’essere altrove. La grande bellezza, per chi non vede, è “vedere”, con gli occhi del cuore e della mente la grande bellezza del creato e della natura”. Non mi pare fuori luogo a tal proposito citare il poeta indiano Tagore: “non piangere quando tramonta il sole,/perché le lacrime ti impedirebbero di vedere le stelle”. Con questo invito egli intendeva entrare nel tramonto camminando a occhi aperti e asciutti, come quando si era giovani. Nella parabola terminale della vita si possono vivere realtà belle e buone. Anche se bisogna sempre aggiungere che vivere è la cosa più rara al mondo. Purtroppo la maggior parte degli individui più che vivere esiste, nulla più. Ma non è il caso del preside Gioacchino Aldo Ruggeri.

Filippo Piccione

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