L'Istituto Comprensivo “Pellegrino” diventa presidio territoriale contro la violenza sulle donne

redazione

L'Istituto Comprensivo “Pellegrino” diventa presidio territoriale contro la violenza sulle donne

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venerdì 25 Novembre 2016 - 11:29

Istruzioni per non subire più violenza di genere, né fisica, né psicologica; indicazioni per contattare chi può aiutare una donna maltrattata; strumenti legali per sfuggire al proprio aguzzino e informazioni chiare sui diritti riconosciuti ora più che in passato dalla legge per tutelare le vittime. Questo e molto altro è stato il convegno dal titolo “Ho deciso di non rimanere mai più in silenzio” che si è svolto nella sede centrale dell’Istituto comprensivo “Stefano Pellegrino” che ha visto protagonisti operatori del settore, ma anche studenti e mamme che hanno dato vita ad un pomeriggio di storie ed emozioni per educare al rispetto di genere. Si tratta di un percorso attivato in occasione della settimana nazionale contro la violenza sulle donne. “Abbiamo fortemente voluto organizzare questo evento perché crediamo che bisogna affrontare questa tematica che ci stravolge quotidianamente – ha detto il dirigente scolastico Domenico Pocorobba –. Assistiamo ogni giorno a notizie che fanno venire i brividi e la scuola non può ignorare questo fenomeno. Il nostro compito educativo ci impone questo dovere: già da piccoli i bambini devono capire che nessuna forma di violenza è accettabile. Per questo non ci limitiamo ad informare, ma da oggi diventiamo presidio territoriale antiviolenza. Per chiunque ha bisogno, noi ci saremo”. Entusiasta dell’iniziativa l’assessore Anna Maria Angileri: “Bisognapuntare sull’educazione sentimentale che consenta di abbattere il soffitto di cristallo che pende sul tetto di molte donne. La nostra amministrazione comunale ha già aperto la “Casa Viola”, gestita da un’associazione che coopera con servizi sociali e forze dell’ordine  e consente alle donne di essere ospitate per uno e due giorni in caso di violenza. Ma noi crediamo che il welfare femminile si promuova attraverso i servizi. Per questo presto apriremo un terzo asilo nido a Sant’Anna (dopo quelli di Sappusi e Amabilina). Abbiamo poi dato vita ad una mostra fotografica raccogliendo oltre 100 fotografie, per immortalare un messaggio di speranza sulla donna che deve conciliare il lavoro di cura con quello di lavoratrice”. L’evento ha visto la “partecipazione” anche di alcune donne uccise dal proprio compagno, compresa quella di Marinella, la giovane cantata da De Andrè.

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Un momento dell’iniziativa

A dar loro nuova voce sono state le alunne di terza media preparate dalla professoressa Anna Titone che hanno letto in prima persona le storie tremende che le hanno fatte balzare alle cronache nazionali.  “Passano anni prima che una donna decide di denunciare e lo fa solo quando non ce la fa più – ha detto Anna Maria Bonafede, presidente dell’associazione Metamorfosi che cura il centro antiviolenza del Comune –. È la violenza psicologica quella che fa più male e le donne si sentono soffocate, non vengono più riconosciute come donne e madri. Ma quelle che hanno avuto il coraggio di dire basta, rinascono a vita nuova. Molte ce l’hanno fatta, ma purtroppo molte altre sono invece tornate dai loro aguzzini. A noi mamme è dato un doppio incarico: educare ogni figlio maschio al rispetto e a dire grazie, altrimenti da grande crederà che tutto gli sia dovuto”. Senza celare la sua emozione, ha parlato Manuela Linares, avvocato che si occupa di mediazione familiare: “Una donna su tre in Europa subisce violenza, ma la più difficile da provare in ambito di tribunale è quella dentro la famiglia che produce persino una sorta di privazione dell’identità. La donna non sa nemmeno più chi sia. È stato riscontrato che fattori genetici portano all’aggressività e che davanti a violenza subita si risponde o in maniera simmetrica o complementare. La violenza assistita (che riguarda i figli) è molto grave, pari la quella della donna. Per spiegarlo vi racconto di Marta, affetta dalla rettocolite ulcerosa. Il padre ubriaco aveva picchiato a sangue la madre. All’ennesimo tentativo di femminicidio lei lo colpisce con un oggetto. L’emorragia anale di cui Mara soffre è la  dimostrazione del suo dolore. La seconda è la storia di Mara: ha 4 figli tutti nati dopo violenze sessuali del marito. Lui la legava sui binari e la minacciava di tagliarle il seno. Ora lei ha spezzato la spirale di violenza e si è anche sposata con un esponente delle forze dell’ordine. Ma non è stata raggiunta una sentenza favorevole del processo civile e questo perché i figli hanno scelto di stare col padre. In caso di violenza le donne vengono ammesse al gratuito patrocinio e dal 2015 è anche possibile il congedo”.

Un momento dell’iniziativa

Segni visibili dal parte del legislatore che si sta impegnando per dire basta a questo fenomeno. “Il mio ufficio – ha detto il giudice Annalisa Amato, GUP del Tribunale di Marsala – è il pronto soccorso del Tribunale. Grazie alle leggi, noi possiamo intervenire quasi in tempo reale. In questi casi di parla di vittima vulnerabile e si mette in moto una rete per consentire alla vittima di fare presto e poter poi dimenticare. Essenziale è il ruolo del territorio, associazioni, scuole e Centri antiviolenza. Un consiglio è di evitare la divulgazione tra parenti ed amici perché si dà vita ad una sorta di indagini parallele in famiglia che creano confusione nel ricordo e tutto ciò poi crea danni nel processo. Dopo la denuncia la Procura evita il più possibile di sentire la vittima più volte e questo perché ora, diversamente che nel passato, chi accoglie la denuncia è preparato a farlo. Se la denuncia è abbastanza dettagliata, il PM chiede la misura cautelare per l’uomo e la vittima viene subito avvisata. Le misure cautelari vanno dal divieto di avvicinamento al carcere. Inoltre se in genere le indagini di altro tipo possono protrarsi fino a 2 anni, in questi casi si fa subito. La vittima può non essere sentita in Tribunale, ma in un’altra stanza, con personale competente, mentre il giudice assiste alla testimonianza da un’altra stanza in quanto tutto viene videoregistrato”.

Durante l’esposizione delle relatrici alcune alunne, coordinate dalle docenti Caterina Gulino e Dora La Rosa, hanno dato vita ad un’estemporanea di pittura sul tema. A conclusione la parola è passata a Marilena Titone, componente dell’AMA – Associazione Mamme Attive – che ha realizzato le cassette di pronto soccorso rosa: “Il nostro può sembrare un piccolo passo, ma crediamo che possa essere un’opportunità di offrire sostegno alle donne maltrattate e ai loro figli a partire dal nostro territorio di appartenenza che noi amiamo. Lo stesso territorio che abbiamo scelto e scegliamo ogni giorno e dove crescono, studiano e vivono momenti ricreativi i nostri figli. Da qui inizia un percorso di crescita e sostegno ed è meraviglioso che scuola e realtà associativa lavorino insieme”.

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