Genovese junior, appena eletto all’Ars, indagato per riciclaggio

redazione

Genovese junior, appena eletto all’Ars, indagato per riciclaggio

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giovedì 23 Novembre 2017 - 09:47

Genovese junior, appena eletto all’Ars, indagato per riciclaggio

La guardia di finanza appartenente al Comando Provinciale di Messina, nell’ambito di un’inchiesta sul riciclaggio, sta procedendo in queste ore all’esecuzione del sequestro di diverse società di capitali, conti correnti, beni mobili ed immobili, ed azioni riconducibili all’ex deputato Francantonio Genovese e al figlio Luigi, appena eletto all’Ars con oltre 17 mila preferenze, ed ai loro familiari. Le indagini hanno inizialmente consentito di trovare fondi esteri per un ammontare pari ad oltre 16 milioni di euro, schermati da una polizza accesa attraverso un conto svizzero presso la società Credit Suisse Bermuda. Luigi Genovese era stato al centro di numerose polemiche per la sua candidatura che aveva creato non pochi imbarazzi al candidato presidente Nello Musumeci. La successiva affermazione nella lista di Forza Italia, da primo degli eletti in provincia di Messina, aveva alimentato ulteriori dubbi sul suo conto, considerato che si tratta di un giovane alla prima esperienza politica.

Questi i fatti, ricostruiti da un comunicato stampa della Guardia di Finanza di Messina:

I finanzieri del Comando Provinciale di Messina a conclusione di una complessa serie di indagini di polizia economico-finanziaria dirette dalla Procura della Repubblica di Messina per i reati di riciclaggio, autoriciclaggio e sottrazione fraudolenta di beni stanno procedendo all’esecuzione del sequestro, prodromico alla confisca, di società di capitali, conti correnti, beni mobili ed immobili, ed azioni riconducibili all’onorevole Genovese
Francantonio, al figlio Luigi ed ai suoi più stretti familiari. Il provvedimento, eseguito in data odierna, è stato emesso dal G.I.P. del Tribunale di Messina, Salvatore Mastroeni. Le indagini hanno inizialmente consentito di rinvenire fondi esteri per un ammontare pari ad oltre 16 milioni di euro, schermati da una polizza accesa attraverso un conto svizzero presso la società Credit Suisse Life Bermuda Ltd.: fondi in parte transitati presso un istituto Bancario di Montecarlo ed intestati ad una società panamense (Palmarich Investments) controllata da Francantonio Genovese e dalla moglie Chiara Schirò; in parte (per oltre 6 milioni ) trasferiti in contanti in Italia direttamente al Genovese attraverso spalloni e resi così irrintracciabili.
La provenienza del denaro veniva riferita dall’indagato al proprio padre Luigi (cl.1925). Le verifiche sui redditi del Genovese Francantonio e del di lui padre non consentivano di considerare compatibile tale patrimonio con le entrate dichiarate. Da qui la contestazione di riciclaggio per denaro derivante da reato, quantomeno da evasione fiscale.
Successivamente, dopo che la stessa Schirò aveva aderito alla voluntary disclosure per la parte di sua competenza ed ai limitati effetti delle sanzioni previste dalla annualità in corso di accertamento, sono emersi ulteriori gravi illeciti.
Dopo che, a partire dal 2016, al Genovese erano stati notificati da parte dell’Agenzia delle Entrate alcuni avvisi di accertamento per oltre 20 milioni di euro derivanti dalla conclusione di verifiche fiscali condotte nei suoi confronti, le indagini hanno messo in luce una complessa attività di ulteriore riciclaggio finalizzata anche a frodare il fisco. E’ emerso infatti che gli indagati, anche avvalendosi di alcune società a loro riconducibili, hanno posto in essere diverse operazioni immobiliari volte a trasferire ad altri soggetti beni immobili e disponibilità finanziarie in possesso di Francantonio Genovese per eludere il possibile sequestro dei 16 milioni provento del riciclaggio e per sottrarsi fraudolentemente al pagamento delle imposte e delle correlative sanzioni amministrative che frattanto
venivano ad ammontare a circa 25 milioni di euro. In tal modo Genovese, nel tentativo di sfuggire all’aggressione patrimoniale nei suoi confronti, si è spogliato di tutto il patrimonio finanziario, immobiliare e mobiliare a lui
riconducibile, in via diretta e/o indiretta, per tramite della società schermo GE.FIN. s.r.l. (ora L&A Group s.r.l.) e Ge.Pa. s.r.l., di cui deteneva il 99% ed il 45% delle quote sociali, trasferendolo al figlio Luigi insieme a denaro proveniente dal precedente riciclaggio.
Ulteriori approfondimenti, hanno consentito di accertare che il citato professionista, ha di fatto dismesso le proprie partecipazioni societarie attraverso strumentali e complesse operazioni di riorganizzazione del patrimonio sociale delle medesime.
Nel dettaglio, ricorrendo alla cosiddetta tecnica dell’altalena:
– dapprima è stata deliberata la riduzione del capitale sociale, al di sotto della soglia di
legge prevista dall’art. 2482 ter c.c., delle medesime società per far fronte alle perdite
artificiosamente generate dagli stessi indagati;
– successivamente è stato disposto il ripianamento delle stesse attraverso un nuovo
versamento di capitale a carico dei soci.
In tali circostanze, anziché provvedere in prima persona, nonostante il comprovato possesso di risorse finanziarie, l’indagato ha dichiarato di rinunciare alla qualità di socio per mancanza dei fondi necessari, poche decine di migliaia di euro, per partecipare all’aumento di capitale, permettendo così, ex novo, l’ingresso in società del figlio,
Luigi (classe 1996), privo di risorse economiche proprie. Questo manovre hanno consentito tra l’altro al Genovese con la complicità del figlio Luigi di vanificare gli effetti del pignoramento che sulle sue quote era stato effettuato da
Riscossione Sicilia. Egli infatti ha partecipato come custode delle quote alle assemblee nelle quali si è deciso di azzerare il valore delle proprie azioni – dell’importo di svariati milioni di euro – e di consentire al figlio Luigi di subentrare – con la sottoscrizione di strumentali aumenti di capitale – nella titolarità piena della società eludendo il
pignoramento. Le finalità illecite delle condotte sono state dimostrate dal fatto che quest’ultimo, ha versato la propria quota di capitale con denaro bonificatogli, nei giorni immediatamente precedenti alle operazioni in argomento, dal padre. Il decreto di sequestro preventivo è stato notificato oltreché a Francantonio Genovese ed alla moglie Chiara Schirò, anche, al figlio Luigi, alla sorella Rosalia, al nipote Marco Lampuri, accompagnato da informazione di garanzia per i reati di riciclaggio e sottrazione indebita.
L’ammontare complessivo del valore delle aziende, dei conti e degli immobili sequestrati perché considerati profitto ovvero strumento dei reati commessi, supera i 100 milioni di euro e rappresenta il sequestro preventivo più cospicuo mai effettuato dalla Procura dall’Autorità Giudiziaria di Messina.

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