I nostri Bataclan

Vincenzo Figlioli

Apertura

I nostri Bataclan

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martedì 17 Novembre 2015 - 06:20

Sabato mattina, quando ancora era in corso il conto delle vittime del terrore che venerdì notte ha devastato Parigi, mi sono ritrovato a scrivere che i 14 anni che separano l’attacco alle Torri Gemelle dall’eccidio del Bataclan costituiscono la cifra di una vittoria: quella di chi ha deciso di rubarci la serenità di andare a visitare una grande città, a vedere una partita o un concerto senza paure e timori. Ho ricevuto tanti messaggi di condivisione, ma anche qualcuno di disappunto, tra cui quello di un mio amico d’infanzia, che vive e lavora a Parigi da tanti anni.

Non hanno vinto nulla. Nonostante i numerosi attentati, da 14 anni ad oggi i parigini come i newyorkesi hanno continuato a vivere e viaggiare come sempre. Personalmente, per me non cambia niente, continuerò ad andare in quel ristorante e in quel bar a due passi dal mio studio, con lo stesso sorriso. Personalmente, se dovessi essere ucciso da gente così meschina, prenderò il rischia. Ma mai la avranno vinta. Gli attentati ci sono sempre stati e ce ne saranno ancora, ma non bisogna cedere. Al contrario, bisogna vivere considerando gli attentati parte della vita come le catastrofi naturali. Non hanno vinto, sono solo dei meschini!”.

Il suo commento mi ha molto colpito e penso che anch’io, se fossi stato a Parigi, avrei avuto lo stesso atteggiamento. Dubito però che si tratti di un pensiero generalizzato. Una perplessità dovuta ad alcuni avvenimenti di cui mi è capitato in questi anni di essere testimone. Colgo qui l’occasione per un piccolo parallelismo, meno azzardato di quanto si pensi: molto spesso a Marsala si aggirano eterogenei gruppi di balordi che decidono di rovinare il sabato sera ai gestori di qualche locale. Arrivano, pretendono di consumare senza pagare e di fronte a un rifiuto cominciano a seminare il panico, piazzano qualche schiaffo o qualche pugno a chi si trova nei paraggi, mettono in fuga la clientela. Mi è capitato personalmente di assistere a scene del genere (ovviamente, ho anche contattato le forze dell’ordine per segnalare l’episodio) e ogni volta che è capitato, l’indomani sera sono andato appositamente presso lo stesso locale. “Non sia mai che per colpa di qualche balordo i ragazzi che lo gestiscono si ritrovino con i tavoli vuoti”, ho pensato. Devo dire, però, che spesso accade proprio questo: in un primo momento il terrore si ripercuote sulle sue vittime dirette, per poi arrivare anche a chi, magari per eccesso di cautela, teme il ripetersi dello stesso evento, e finisce per restare a casa o per cambiare aria. Molto spesso l’orrore, per quanto su scala ridotta, è più vicino alle nostre case di quanto immaginiamo. Ma non riusciamo a riconoscerlo, né a fare molto per contrastarlo. E per ogni piccolo Bataclan che si consuma nelle nostre strade, c’è un pezzo della nostra libertà che perdiamo.

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