I paesaggi visionari di Francesco De Grandi in mostra al Carmine dal 6 luglio

Claudia Marchetti

I paesaggi visionari di Francesco De Grandi in mostra al Carmine dal 6 luglio

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giovedì 12 Giugno 2014 - 11:07

Paesaggi, ritratti, deserti silenziosi, spettacolari naufragi ed episodi della passione. I grandi temi della pittura rivivono nel Convento del Carmine di Marsala con le opere di Francesco De Grandi per la mostra “Archetipi della pittura inquieta”, a cura di Sergio Troisi, che verrà inaugurata il 6 luglio alle ore 18.30 e rimarrà esposta fino al 26 ottobre. Un viaggio visionario, drammatico e pieno di interrogativi quello di Francesco De Grandi – palermitano, indicato come uno degli autori più coerenti e originali nel panorama dell’arte italiana contemporanea – attraverso tutti i topos della pittura dove l’inquietudine è stata la cifra predominante.

Francesco De Grandi

Quaranta le opere in mostra nella Pinacoteca di Marsala, per esplorare l’universo interiore e creativo di De Grandi. “Sembrano paesaggi tradizionali, legati come sono all’iconografia ottocentesca. Ma al loro interno c’è sempre un elemento di disorientamento che spiazza lo spettatore e lo lascia in un limbo di domande – ha affermato il direttore artistico Troisi –. La natura, soprattutto, diventa un elemento di allarme per De Grandi, e per noi spettatori, per via di quelle atmosfere post-atomiche rese dal suo particolare modo di dipingere, di stendere la materia, il colore, di rendere la luce. Per chi osserva è una vera ‘catastrofe dello sguardo’: una vertigine verso un mondo che crede di conoscere e invece non riconosce più, per via di certi elementi di disturbo che alterano l’iconografia del soggetto. Con De Grandi siamo dinanzi a una dimensione fortemente contemporanea della pittura e questo diventa esplicito nei naufragi, con la loro grande drammaticità: sia quelli di ieri, sia quelli di oggi legati come sono alla quotidiana cronaca degli sbarchi dei migranti”.

DE GRANDI

Filo conduttore dell’esposizione di Marsala è sempre la capacità di ritrovare in queste immagini-archetipi il loro intatto significato simbolico attraverso la specificità irriducibile della pittura, della sua pratica esecutiva e dei suoi materiali: il colore, i pastelli, il disegno”. In una conversazione tra l’artista e il curatore racchiusa nel catalogo dedicato alla mostra, De Grandi nel rivelare come quella della pittura sia una “pratica quotidiana, un mezzo di elevazione spirituale, un esercizio monastico”, riferisce del tormento che ha preceduto e accompagnato questo ciclo. 

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