I superdirigenti

Vincenzo Figlioli

Marsala

I superdirigenti

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venerdì 23 Marzo 2018 - 07:39

Dopo tante insistenze, l’Autorità Anticorruzione guidata dal magistrato Raffaele Cantone è riuscita a farsi dare un primo elenco degli stipendi dei superdirigenti regionali. Il “Paperone” della situazione è il segretario generale Fabrizio Scimè, che prende il massimo consentito, e cioè 240mila euro come i vice segretari Salvatore Pecoraro e Mario Di Piazza. Stessa somma per Riccardo Anselmo, Patrizia Perino, Laura Salamone e Antonio Tomasello mentre il direttore dei servizi delle commissioni, Filippo Palmeri, prende 232mila euro lordi all’anno. Poco al di sotto si piazzano la responsabile ufficio stampa e relazioni con il pubblico, Maria Ingarao (214mila euro), il direttore del servizio personale, Fabio Scalia (213mila euro), la responsabile della rendicontazione dei gruppi parlamentari, Angela Murana (209mila euro). Sommati, sono 2 milioni e 366 mila euro l’anno. Ma si tratta di una goccia nell’infinita rete di indennità e compensi milionari che hanno trasformato la Regione Sicilia in una mucca da mungere all’infinito per chi gravita attorno ai palazzi del potere. Ci sarebbero tanti altri dati che Cantone da tempo chiede al presidente dell’Ars Miccichè e che l’ex Ministro berlusconiano si guarda bene dal concedere.

Se un giorno riusciremo mai ad allineare tutti questi numeri, compresi anche dei compensi dei 70 componenti dell’Ars e dello stuolo di collaboratori, portaborse e addetti alle segreterie politiche che ruotano intorno al deputato di turno, avremo un quadro complessivo che ci consentirebbe di trovare tante risposte alle domande che spesso ci facciamo sull’economia di una Regione, che come auspicato mesi fa da Pietrangelo Buttafuoco nel suo ultimo libro “Strabuttanissima Sicilia”, dovrebbe ricorrere alla dichiarazione di fallimento per ricominciare tutto daccapo. A leggere queste somme, fanno quasi tenerezza le cifre che circolano nei Consigli comunali o quelle che fino a qualche anno fa gravitavano intorno alle Province.

Alla fine della fiera, però, la questione è sempre la stessa: questi lauti pagamenti ci hanno quantomeno consentito di avere a disposizione una macchina burocratica regionale efficiente e funzionante? Ci hanno aiutati a trovare soluzioni adeguate e illuminate per sostenere l’economia, l’occupazione, l’impresa, l’innovazione, la realizzazione di nuove infrastrutture, i collegamenti? Ci hanno consentito di poter contare su professionisti capaci di utilizzare nella maniera migliore i fondi europei? Hanno contribuito a rendere migliore la vita dei disabili o delle fasce più disagiate della popolazione? Hanno consentito ai giovani siciliani di immaginare il loro futuro in questa terra? Sarebbe interessante se, un giorno, uno dei grandi dirigenti siciliani avesse voglia di scendere dal proprio aureo piedistallo impastato di intermittenti formalismi e ambigue complicità per confrontarsi con chi queste domande vorrebbe porgliele davvero. Se poi riuscisse anche a scusarsi (non tanto dei soldi guadagnati, quanto dell’inadeguatezza della propria azione) potrebbe persino meritare un po’ di rispetto. Quello che lui, per tanto tempo, non ha dimostrato verso i suoi corregionali.

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