Il Calcio e la colpa

redazione

Marsala

Il Calcio e la colpa

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mercoledì 14 Marzo 2018 - 07:30

Vincenzo Paparelli, Stefano Furlan, Giuseppe Plaitano, Nazzareno Filippini, Antonio De Falchi, Vincenzo Spagnolo, Antonino Currò, Sergio Ercolano, Filippo Raciti. Vittime, civili o militari che siano, ultras o poliziotti, della violenza negli Stadi dagli anni ’60 ad oggi. La storia del Calcio Italiano, quello vissuto dagli spalti, dagli anni ’80 fino ai primi del 2000, ha visto un’escalation di “morti di tifo”, l’altra malattia, quella stupida perchè coinvolge uno Sport fatto di sani principi. O almeno così dovrebbe essere. Negli ultimi anni per la verità, le forti misure repressive, come il DASPO con il supporto delle telecamere di video-sorveglianza, le dure misure prefettizie, le barriere per dividere le tifoserie, la maggiore presenza di forze dell’Ordine durante le partite “a rischio”, hanno portato ad una diminuzione di atti violenti. Diciamocelo chiaramente, la violenza negli stadi, i cori razzisti, gli sfottò che generano risse è davvero roba stupida. Il Calcio, nato per unire come tanti altri sport in cui si privilegia l’inclusione sociale, a causa di scommesse illegali, calciomercato-mania e media a caccia di errori arbitrali, si è trasformato nel tempo in uno sport non più aperto alle famiglie, ai bambini.

Per questo sono stati giorni strani quelli che hanno fatto seguito alla morte di Davide Astori, capitano della Fiorentina ed ex giocatore, tra gli altri, di Cagliari e Roma. La vicinanza al giocatore, ai suoi compagni, è stata rispettosa e dolorosa per tutti. Dagli spalti di ogni Stadio d’Italia (e d’Europa) un rigoroso silenzio ha accompagnato la scomparsa di quello che è stato visto come un figlio, un fratello di tutti, un padre, un compagno, un amico. Ma non dovrebbe morire ogni volta un “eroe” per sancire una pace, non dovrebbero le partite fermarsi al minuto 13, come la maglia di Astori, per vedere applaudire a capo chino chi allo Stadio è voluto esserci per “salutare” il suo Capitano in campo. Non dovremmo riempire gli Stadi per vedere un goal di De Rossi che non esulta in ricordo di un amico. L’ordine ed il rispetto deve essere una regola nello Sport, non un’eccezione. Il Calcio deve essere anche una tifoseria avversaria che invoca Francesco Totti per una foto ed un autografo, un padre con il figlio che possono permettersi di guardare assieme la partita allo Stadio. E’ educazione a sani principi che sembrano ormai obsoleti nelle generazioni di oggi, almeno da “quando Baggio non gioca più”. Ma la colpa non è la loro, è la nostra, la colpa è della società in cui vivono e che li cresce, di una politica che ha piene responsabilità soprattutto da oltre un ventennio. E’ necessario intraprendere una via più consapevole, ragionevole, senza aspettare la tragica morte di chi, come Davide Astori, ad un Calcio pulito ci credeva davvero.

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