La Casa di Riposo e il welfare a pezzi

Vincenzo Figlioli

Marsala

La Casa di Riposo e il welfare a pezzi

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sabato 01 Dicembre 2018 - 06:30

Si sta chiudendo mestamente a Marsala la storia della Casa di Riposo “Giovanni XXIII”. Stanno andando via, settimana dopo settimana, gli ultimi anziani ospitati da una struttura, che negli anni ha dato accoglienza e ricovero a tante donne e uomini della terza età. Un luogo che è stato a lungo punto di riferimento di numerose famiglie e, più recentemente, di richiedenti asilo e altri marsalesi che si trovano in condizioni di disagio economico.

Personalmente ricordo ancora, ai tempi del Liceo, una mattinata in cui la nostra insegnante di lettere decise di accompagnarci lì, a guardare negli occhi questi anziani che potevano essere i nostri nonni: c’erano quelli più allegri ed esuberanti, e quelli più sofferenti e malinconici. C’erano le suore che cercavano di allietare l’ambiente con qualche canzone del tempo perduto, ma – soprattutto – c’era un grande senso di dignità, sia tra gli ospiti che tra i lavoratori della struttura. Al ritorno in classe, ricordo qualche compagna col volto rigato dalle lacrime per la commozione e qualche altro che si riprometteva di tornare a trovare altre volte quegli anziani. C’erano anche gli indifferenti, per carità. Ma sembravano minoranza. Fu importante quella mattinata, per aiutare molti di noi a capire che le stagioni della vita si alternano tra loro, non sempre in maniera indolore. E che al di là dei nostri confortevoli ambienti scolastici e domestici, c’era una realtà molto più complessa.

Negli anni successivi la Casa di Riposo è stata oggetto di non poche polemiche politiche e si è ritrovata a fare i conti con risorse sempre più esigue a fronte di spese diventate difficili da affrontare. E, contestualmente, con un tempo segnato dai tagli ai trasferimenti, dalla spending review e dalla progressiva erosione dei servizi pubblici. E’ vero, sono stati anche fatti diversi errori di gestione e la politica ha non poche responsabilità a riguardo. Tuttavia, a pagare il conto sono sempre gli ultimi: dai lavoratori che si ritrovano un futuro pieno di incognite alle famiglie che dovranno rivolgersi a ben più onerose strutture private per l’assistenza dei propri anziani. Di fatto, è un altro piccolo pezzo di welfare che viene meno proprio quando, forse, ce ne sarebbe maggiormente bisogno, dato che tutti i censimenti sono concordi nell’evidenziare come l’Italia sia diventato sempre più un Paese di anziani, in cui le prestazioni pubbliche diminuiscono giorno dopo giorno. Chiudono le Case di Riposo e i Centri d’accoglienza per immigrati, le sedi periferiche degli uffici pubblici e dei Tribunali, si accorpano le scuole e gli ospedali, gli asili restano in piedi tra tante difficoltà. Mai come oggi le conquiste della seconda metà del Novecento sono apparse in fase di dismissione, come vecchie fabbriche cadute in disgrazia. Restano i simulacri, i ricordi di un altro tempo in cui, probabilmente, l’ordine delle priorità aveva un senso diverso. E soprattutto più umano.

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