La guerra silente

Vincenzo Figlioli

Marsala

La guerra silente

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martedì 14 Marzo 2017 - 06:25

Dall’allegria al panico. Dal Carnevale a una sparatoria. Nel giro di due settimane la comunità di Petrosino ha vissuto sentimenti contrapposti, che per ragioni diverse le sono valsi i titoli della stampa regionale e nazionale. Frammenti di un Sud che cerca di scrollarsi di dosso le pagine più dolorose del suo passato e che improvvisamente si ritrova a fare di nuovo i conti con emozioni antiche. Come la paura, che i giovani di Petrosino non immaginavano di poter provare una domenica sera, mentre sorseggiavano una bibita o conversavano in serenità con i propri amici. Basta un attimo per ritrovarsi dalla piacevolezza di una giornata piena di sole ai fantasmi dei rumori più sinistri. C’è chi è scappato e chi è accorso. Chi è svenuto e chi ha cominciato a piangere.

Tessere sparse di una Sicilia contemporanea che improvvisamente si è sentita troppo simile al suo passato. Perchè la Sicilia è anche questa, purtroppo. In mezzo ai contrasti cromatici, culturali e paesaggistici che la caratterizzano, ci sono anche le contraddizioni legate a pezzi di comunità che spesso convivono nello stesso territorio senza conoscersi.

Giovani che si sentono cittadini europei senza dimenticare le proprie radici accanto ad altri giovani che non riescono ad affrancarsi dalla parte peggiore della cultura meridionale, quella che continua a pensare di farsi strada con le intimidazioni, le minacce, i colpi di pistola.

Generazioni che si sono formate (o si stanno formando) con convinzioni e valori diversi rispetto a quelle precedenti – credendo fermamente nel cambiamento, nella lotta alla mafia, in un’idea di sviluppo sostenibile come motore della crescita economica, sociale e civile della propria terra – si scontrano con coetanei che hanno annusato la stessa aria ma in qualche modo l’hanno rifiutata: perchè l’hanno sentita troppo diversa da quella che hanno respirato in famiglia o perchè cinicamente hanno pensato di intraprendere altre strade, apparentemente più comode e brevi, per avere qualche chance in più nella vita.

Funziona così a Petrosino, come a Marsala, a Castelvetrano, a Mazara, a Trapani, ad Alcamo. E la situazione non è diversa nel resto della Sicilia e del Sud.

E’ una guerra silente, che si estende anche al mondo del lavoro, dove troviamo ancora i residui di un reclutamento legato al clientelismo o alle ingerenze mafiose, che si scontra con le legittime ambizioni di chi vorrebbe vivere nella propria terra alle proprie condizioni, mettendo la propria creatività e la propria preparazione al servizio della comunità.

Ha ragione chi in questi casi invoca più uomini e mezzi per combattere la criminalità. Ma accanto al controllo del territorio, serve anche un atteggiamento diverso nei confronti del Sud da parte della politica nazionale, con interventi realmente capaci di dar forza a chi, nonostante tutto, continua a credere che valga la pena vivere in questa parte d’Italia.

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