“La libertà è un libro” per i detenuti del carcere di San Giuliano

Audrey Vitale

“La libertà è un libro” per i detenuti del carcere di San Giuliano

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domenica 12 Febbraio 2017 - 12:38

Un viaggio dentro le mura della Casa circondariale trapanese

Seduti in cerchio a parlare di libertà, dolore, di speranze e affetti. Una ventina di persone ascoltano e commentano libri, articoli, poesie esprimendo il proprio pensiero e confrontandosi. No, non è un appuntamento del circolo di lettura locale, ma un laboratorio rivolto ai reclusi nel carcere trapanese di San Giuliano, reso possibile grazie all’attività di volontariato della giornalista Ornella Fulco e della psicologa Fabrizia Sala. Oltre i pregiudizi, oltre i reati commessi, qui si lavora sulle anime, sulle prospettive di una vita migliore, con il confronto ma anche il semplice intrattenimento attraverso la letteratura, la scrittura creativa e il dialogo. Si tratta di un percorso che ormai va avanti da quattro anni, svolto in maniera costante e “cocciuta” dalle due volontarie che, una volta a settimana, attraversano i numerosi cancelli e i lunghi corridoi per giungere nell’aula polifunzionale della struttura e parlare insieme ai detenuti di Neruda, Socrate, Foucault, Antoine de Saint-Exupéry o Buzzati… “Qui abbiamo poche regole – dice Fabrizia Sala ai nuovi arrivati nel gruppo – la riservatezza, la non aggressione e l’invito alla parola e all’ascolto”. E la voglia di parlare ed esprimersi non manca affatto: c’è chi fa domande sugli autori, chi esterna le proprie considerazioni sui temi del giorno (la libertà, gli affetti, il tempo, l’isolamento, la paura, sono fra i più ricorrenti), chi racconta esperienze di vita.

Alcuni dei partecipanti al laboratorio insieme alle volontarie

Alcuni dei partecipanti al laboratorio insieme alle volontarie

La libertà è un libro” – questo il nome del laboratorio – è una finestra sul mondo per molti partecipanti, abituati a vivere l’esperienza totalizzante del carcere. Libri, poesie, musica e incontri con “esperti esterni” caratterizzano l’iniziativa, nata in silenzio e cresciuta negli anni per “portare la società dentro il carcere e portare il carcere fuori, nella società” come dicono le volontarie.
Nessuno fa domande dirette sui reati commessi “non ci interessa sapere perché i detenuti si trovano qua – afferma Ornella Fulcoci interessa l’essere umano e, in una realtà dove l’uomo rischia di appiattirsi nei suoi bisogni primari (mangiare, dormire e poco altro), tentiamo, con accortezza, di stimolare le persone a riacquistare fiducia nel prossimo, impegnarsi nelle attività culturali, ottenere un riscatto rimediando ai propri errori. Molte persone non vedono di buon occhio le attività di volontariato in carcere… io invece penso che l’insofferenza per chi ha commesso degli errori sia solo un alibi, un modo per girarsi dall’altra parte”.

Attualmente sono circa 515 i detenuti al “San Giuliano”, fra questi 130 sono stranieri. Alcuni hanno un livello molto basso di alfabetizzazione e la comunicazione si limita ad esigenze di prima necessità. Qui non esiste il superfluo e chi non può permettersi nulla non ha nulla. Un’associazione di volontariato, legata alla Caritas locale, distribuisce abiti e beni primari a chi ne ha bisogno. Il carcere, aperto nel 1965, nel corso degli anni ha avuto non pochi problemi strutturali che hanno comportato la chiusura di alcune zone per inagibilità. Di recente alcuni detenuti sono stati trasferiti nel nuovo padiglione, inaugurato pochi mesi fa. Nell’Istituto di pena sono previste attività sportive, religiose, corsi di alfabetizzazione e ci sono anche le succursali di due istituti superiori, l’Alberghiero e l’Istituto Tecnico Commerciale.
E’ difficile misurare il livello di riabilitazione del condannato una volta reimmesso nella società – afferma il direttore della Casa circondariale Renato Persico che, insieme al comandante della Polizia Penitenziaria, Giuseppe Romano, ha sostenuto negli anni il laboratorio di lettura – è un processo lungo e difficile, che dipende da vari fattori. C’è chi continua a commettere reati e chi, invece, intraprende un percorso di legalità. Accogliamo con grande favore questo genere di iniziative, che rappresentano un forte elemento espressivo, utile alla riabilitazione”.
Gli scandali e i successivi provvedimenti regionali che hanno coinvolto il mondo della formazione in Sicilia hanno, di fatto, bloccato altre attività in carcere, volte a dare ai detenuti elementi base per l’inserimento lavorativo una volta fuori. “Fortunatamente – aggiunge Persico – il prossimo 20 febbraio ripartiremo con nuovi corsi di formazione che riguarderanno le attività di falegnameria e ceramica artistica, carpenteria, agricoltura e giardinaggio ma anche informatica e cucina. Cerchiamo di fornire strumenti espressivi e pratici – con tutti i limiti del caso – per dare nuove possibilità di vita a queste persone”.

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