La rinuncia

Vincenzo Figlioli

Marsala

La rinuncia

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venerdì 23 Settembre 2016 - 06:30

Salvo sorprese, Roma non ospiterà le Olimpiadi del 2024. Virginia Raggi ha detto che “sarebbe da irresponsabili” imbattersi in un’avventura del genere, dicendosi convinta che sarebbe il solito festival delle colate di cemento e un’occasione di business per il malaffare. Da mesi leggo le argomentazioni di chi è sempre stato contrario al progetto e riconosco che nessuna mi è sembrata abbastanza convincente. Senza dimenticare che sento parlare di Olimpiadi da quand’ero adolescente e ogni volta sento dire le stesse cose: “Siamo in crisi, non ci sono soldi, si arricchirebbero i mafiosi e i corrotti”. Adesso alla soglia dei quarant’anni mi chiedo: ma rinunciando alle Olimpiadi negli anni ’90 (allora si parlava di una candidatura di Milano) o nei decenni successivi, abbiamo per caso superato la crisi? Abbiamo sconfitto la mafia? Ci siamo liberati dai politici corrotti? Abbiamo smesso di cementificare i nostri territori? E nel frattempo, com’è che altri Paesi hanno continuato ad organizzare le Olimpiadi? Barcellona, Atlanta, Atene, Sidney, Pechino, Londra, Rio de Janeiro sono diventate città peggiori dopo i Giochi? E Torino, che nel 2006 ha ospitato l’edizione olimpica invernale?

La verità è che anno dopo anno l’Italia ha gradualmente rinunciato alla propria vocazione principale: colonizzare l’immaginario collettivo con il suo stile, la sua arte, la sua storia. Non è un problema politico, perchè prima di Virginia Raggi e del Movimento 5 Stelle anche altri (da Monti in giù) avevano fatto scelte simili. E’ un problema di prospettiva, che manca a 360° nella classe dirigente italiana e in gran parte della popolazione, che sta diventando sempre più ostinatamente chiusa in un costante rifiuto rispetto a qualsiasi progetto o investimento di ampio respiro. Si parla solo di tagli e risparmi come se da soli bastassero a risolvere ogni cosa. Dopo che abbiamo già tagliato posti di lavoro, fondi per la cultura e la ricerca, forse passeremo davvero al taglio dei privilegi della “casta”, completando l’abrogazione delle province, dimezzando il numero dei parlamentari nazionali e regionali, i consigli comunali e le loro indennità. A quel punto ci accorgeremo che non sarà ancora abbastanza e ci spiegheranno che sarà necessario tagliare anche i servizi essenziali e i diritti acquisiti. Finchè alla fine non sarà rimasto più niente da tagliare, perchè nel frattempo saranno scomparsi anche gli ultimi brandelli della nostra speranza e della nostra voglia di lottare per questo Paese. E a quel punto, magari, penseremo che in fin dei conti le Olimpiadi sarebbero state una bella scommessa per provare a immaginarci ancora capaci di fare grandi cose e a dimostrare che in Italia si possono organizzare grandi manifestazioni e costruire grandi opere senza arricchire la mafia e la corruzione.

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