L’ipocrisia del mai

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L’ipocrisia del mai

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venerdì 11 Gennaio 2019 - 10:16
Il Festival di Sanremo è delizia e dolori degli italiani. Anche specchio, per la verità. Dal 1951 ad oggi la musica è cambiata, l’approccio e la fruizione del mezzo è cambiato. I dischi di platino si vincono con qualche migliaia di copie, lo streaming compara l’artista trap al cantautore indipendente e che fa fatica ad emergere, c’è sempre poco spazio per la musica in tv e solo il Vinile sta risvegliando il vecchio torpore ancora di nicchia. Parlare di musica il giorno del ventennale dalla morte di Fabrizio De André peraltro, credo non sia casuale. Lui anarchico fino al midollo, cantava le “anime salve”. Chissà quante ancora De André, ne avrebbe avute da salvare a rime popular e ballate. E chissà quante “ipocrisie del mai” da condannare, quanti “amici fragili” da bacchettare. 
Oggi penso che ne avrebbe avute tante di cose da dire. Anni fa, intervistato da Enzo Biagi, De André parlò del Festival di Sanremo – che aveva frequentato dietro le quinte accompagnando la moglie Dori Ghezzi – che, se fosse stato attrezzato per una “gara di ugole” avrebbe partecipato. Ma lui esprimeva sentimenti, e non era quello il palco adatto. Probabilmente non è nemmeno la kermesse giusta per esprimersi su politica italiana ed internazionale, perché credo che è di musica che si deve parlare a Sanremo, una volta e buona. Di musica di qualità, preferibilmente. Non sempre ci si riesce, certo.  Incalzato dai giornalisti, Claudio Baglioni,  direttore artistico e conduttore del Festival che prenderà il via il 5 febbraio, ha detto la sua sul caso della nave ferma al largo di Malta, sul tema dell’immigrazione per come affrontato in maniera sconsiderata dalla Lega. “L’Italia si è incattivita ed io mi sento sconfitto” ha affermato Baglioni, lui che è un po’ figlio di Lampedusa, dove per anni ha organizzato il grande evento musicale O’ Scia. E ciò non è piaciuto al direttore Rai e a Salvini, ovviamente. Polemiche che non fanno altro, però, che attirare il pubblico verso la visione del Festival della Canzone Italiana. Ciò fa gola anche ai vari programmi e talk show che da qui alla fine del Festival, parleranno giorno dopo giorno di Baglioni & compagni.
Non dico che la politica debba restare fuori da una kermesse come questa. La politica è in ogni aspetto della vita quotidiana. Una canzone può avere una tematica socio-politica ad esempio. Di comici che sul palco dell’Ariston sono entrati in polemica dura contro i governi che si sono avvicendati, ce ne sono stati diversi. Ma dobbiamo avere coscienza di tutto questo. Quindi mi reputo fermamente contraria a chi afferma “Guardo Sanremo perché Baglioni è stato coraggioso” a fare un’affermazione del genere.  Evidentemente si sono persi i fischi, le polemiche, che gli scorsi anni si sono verificati con Crozza in primis. Evidentemente stavano guardando Rai 2, o Mediaset, o leggevano un libro, o erano intenti a scrivere su Facebook: “W il Controfestival”. Magari sono gli stessi ad affermare che “Baglioni blah, fa solo canzonette”. Guardate Sanremo perché vi piace la musica, lo spettacolo, criticatelo pure, non guardatelo affatto… ma le “ipocrisie del mai” per favore no. Che De André oggi vuole essere ricordato in santa pace. Non domani, ma oggi sarà un giorno lungo e senza parole…
Nella foto: Fabrizio De Andrè con Dori Ghezzi e Vasco Rossi dietro le quinte del Festival di Sanremo del 1983

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