Mafia e rinnovabili: sequestrato un patrimonio di 10 milioni di euro riconducibile a due imprenditori castelvetranesi

redazione

Mafia e rinnovabili: sequestrato un patrimonio di 10 milioni di euro riconducibile a due imprenditori castelvetranesi

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mercoledì 23 Dicembre 2015 - 09:51

Un duro colpo al patrimonio riconducibile alla famiglia mafiosa di Castelvetrano é stato inferto dai carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Trapani, che questa mattina hanno dato esecuzione al sequestro emesso dal Tribunale del capoluogo a carico degli imprenditori castelvetranesi Antonino e Raffaella Spallino, prestanomi dell’organizzazione capeggiata dal latitante Matteo Messina Denaro. I provvedimenti ablativi, richiesti dalla Procura distrettuale antimafia di Palermo, hanno interessato le province di Trapani, Palermo e Reggio Calabria, colpendo l’ingente patrimonio accumulato dai due soggetti, per un valore complessivo di 10 milioni di euro.

L’intervento odierno scaturisce dalle progressioni investigative sulla ricerca di Matteo Messina Denaro, acquisite nell’ambito dell’operazione “mandamento” che, nel dicembre del 2012, aveva portato all’arresto degli esponenti di vertice del mandamento di Castelvetrano, inseriti a vario titolo nella struttura di supporto economico al latitante, e al sequestro del patrimonio accumulato dai predetti, per un valore complessivo di 16,5 milioni di euro.

Tale attività aveva documentato le infiltrazioni di Cosa Nostra nella gestione delle attività economiche nella provincia di Trapani ed accertato come la struttura criminale diretta dal latitante Matteo Messina Denaro esercitasse un rigido controllo territoriale finalizzato, tra l’altro, all’acquisizione sistematica dei lavori per la realizzazione degli impianti di produzione delle energie rinnovabili, attraverso l’operato dell’ex consigliere provinciale (nonché presidente della commissione lavori pubblici) Santo Sacco, oltre che grazie ad una fitta rete di società controllate, in modo diretto o indiretto, dall’imprenditore salemitano Salvatore Angelo, già sottoposto ad analogo provvedimento ablativo.

Nel citato procedimento gli Spallino erano stati indagati per intestazione fittizia di beni (reato poi estinto per intervenuta prescrizione) ed, in particolare, per aver acquisito mediante la “Spallino Servizi srl”, allo scopo di favorire la locale famiglia mafiosa e di eludere la normativa in materia di misure di prevenzione patrimoniali, il ramo d’azienda della società “Ecol Sicula srl” dell’ergastolano Antonino Nastasi, già attiva nel settore dello smaltimento dei rifiuti .

L’odierna indagine patrimoniale, aggiornando ed integrando le acquisizioni dell’operazione “mandamento”, ha accertato il ruolo avuto dalle società “Modulor Energia s.r.l.” e “Modulor progettazioni s.n.c.” (il sequestro riguarda il 50% delle quote) degli Spallino nella realizzazione di un impianto fotovoltaico su un terreno in contrada Airone di Castelvetrano, di proprietà dell’esponente mafioso Giovanni Furnari. L’attivita’ ha inoltre riscontrato il trasferimento, nella provincia di Reggio Calabria delle società B.f.g. Energy s.r.l. (destinataria della misura ablativa) e Agricola Agrisland, accertando il contestuale ingresso nelle compagini societarie di soggetti collegati alla cosca Aquino di Marina di Gioiosa Ionica (provincia di Reggio Calabria), in passato coinvolta, unitamente al ricercato Messina Denaro, in un vasto traffico di sostanze stupefacenti dal Sud America (indagine “Igres”).

Infine, attraverso un’approfondita analisi dei rapporti bancari, è stato documentato il trasferimento, da parte degli Spallino, di tutti gli assets societari della Spallino Servizi s.r.l. a favore della cooperativa Ecoplus di Castevetrano, costituita nel 1999 per l’assistenza all’infanzia e trasformata, a seguito di una serie di operazioni societarie, in una cooperativa operante nel settore della raccolta dei rifiuti.

Per tale soggetto economico, risultato peraltro aggiudicatario, in regime d’urgenza, di numerosi lavori e forniture in ambito locale, la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani ha applicato l’art. 34 del codice antimafia, che prevede l’amministrazione del bene senza lo spossessamento gestorio.

Il sequestro, ha avuto per oggetto 12 imprese operanti nei settori della produzione di energia elettrica, della raccolta di rifiuti, della ristorazione, delle attività agricole nonché dell’edilizia e gestione di immobili, 34 immobili tra appartamenti, uffici, autorimesse, magazzini e terreni; 28 rapporti bancari e 5 autocarri.

L’intervento si inserisce nel quadro della complessiva manovra finalizzata alla cattura del latitante da parte del gruppo congiunto dell’arma dei carabinieri e della poliza di stato che, sotto il coordinamento della procura distrettuale antimafia di Palermo, nell’anno in corso, ha già portato all’esecuzione:

  • Il 14 gennaio 2015 (operazione “mandamento bis”), di un decreto di sequestro beni, per un valore complessivo di 16,5 milioni di euro, emesso dalla sezione misure di prevenzione tribunale di Trapani, nei confronti dell’imprenditore trapanese Salvatore Angelo e dell’esponente mafioso Antonino Nastasi. Il sequestro ha riguardato una complessa rete di società attive nel settore delle energie rinnovabili e nella costruzione di parchi eolici;
  • Il 3 agosto 2015 (operazione “hermes”), di una misura cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Palermo nei confronti di 11 indagati per associazione mafiosa e favoreggiamento della latitanza di Matteo Messina Denaro. I predetti erano inseriti nel circuito della messaggistica attraverso il quale il ricercato esercitava il potere dirigenziale all’interno di cosa nostra trapanese. L’attività investigativa, in particolare, ha ricostruito parti significative del circuito di smistamento della corrispondenza di Messina Denaro (i cosiddetti “pizzini”), evidenziando il ruolo del capo del mandamento di Mazara del Vallo, Vito Gondola, emerso quale responsabile della relativa raccolta e distribuzione, nonché degli esponenti mafiosi Giovanni Domenico Scimonelli e di Pietro Giambalvo, individuati quali soggetti incaricati dell’ulteriore instradamento della corrispondenza;
  • L’11 novembre 2015 (operazione “Eden bis”) di una misura cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Palermo nei confronti di 4 affiliati alle famiglie mafiose di bagheria e corso dei mille indagati per rapina e ricettazione aggravate dalle finalità mafiose. In particolare, il provvedimento ha interessato gli ulteriori soggetti coinvolti nella nota rapina ai danni del deposito della ditta di spedizioni di Campobello di Mazara, avvenuta il 4 novembre del 2013, rientrante nel patrimonio aziendale dell’imprenditore palermitano Cesare Lupo, prestanome dei fratelli Graviano. L’indagine, quale prosecuzione dell’attività “Eden 2”, nel 2014, aveva portato all’arresto di 16 indagati ed accertato la riconducibilità della rapina, nell’ambito di un generale accordo tra le principali articolazioni di cosa nostra per la gestione di progetti delittuosi comuni predisposti anche per finanziare la latitanza di Messina Denaro;
  • Il 3 dicembre 2015 (operazione “hermes”) di un decreto di sequestro beni, ex art. 12 sexies, per un valore complessivo di 13 milioni di euro emesso dal gip del tribunale di Palermo nei confronti di Vito Gondola, Giovanni Domenico Scimonelli, Pietro Giambalvo e Michele Gucciardi. Il provvedimento ha riguardato numerose società attive nella distribuzione alimentare e nel settore dell’ovinicoltura, nonchè in quello agricolo ed olivicolo.

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