Marsala e la povertà

redazione

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Marsala e la povertà

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mercoledì 24 Ottobre 2018 - 06:09

In cronaca siamo tornati in questi giorni ad occuparci dei coniugi Marchese, la cui dolorosa vicenda familiare era balzata agli onori delle cronache nazionali. Numerosi, come si ricorderà, i servizi dedicati a questa famiglia marsalese, finita a dormire nella propria autovettura al parcheggio del Salato. Abbiamo accolto con gioia la notizia che grazie all’impegno della Diocesi di Mazara, i Marchese potranno avere nuovamente una casa in affitto. L’auspicio è che per loro possa essere preludio di un periodo di maggiore serenità.

Inutile dire che sarebbe un grossolano errore pensare che la soluzione (comunque temporanea) di questa vicenda ponga fine al dramma della povertà a Marsala. Perché per una famiglia Marchese che arriva alla ribalta mediatica, ce ne sono tante altre che continuano a vivere con disagio la propria condizione. Così come sarebbe ingenuo pensare che il reddito di cittadinanza cancellerebbe con un tratto di penna la povertà.

Tutti gli indicatori che abbiamo raccolto in questi anni ci confermano una tendenza ogni anno più allarmante: la provincia di Trapani diventa ogni anno più povera. Per la precisione, secondo un recente studio del quotidiano Il Sole 24 Ore, è addirittura al terz’ultimo posto su scala nazionale, davanti a Barletta e Ragusa, con un reddito medio annuo pro capite di 18 mila e 318 euro (dichiarato al Fisco).

In questo quadro, Marsala non costituisce eccezione. Qualcuno, con superficialità, potrebbe obiettare che nel fine settimana “pizzerie e ristoranti sono sempre pieni”. Ma dietro le apparenze, ci sono difficoltà sostanziali che i servizi sociali del Comune, condizionati dai tagli ai trasferimenti degli ultimi anni, fanno sempre più fatica ad accogliere. Nei giorni scorsi ci siamo soffermati sul boom delle richieste di gratuito patrocinio del circondario di Marsala, così come delle vicende della mensa fraterna della Fondazione San Vito, che ogni giorno offre un encomiabile servizio di solidarietà sociale. Senza dimenticare il calo esponenziale di passeggeri in arrivo all’aeroporto “Vincenzo Florio” di Birgi, che minaccia di avere forti ripercussioni su uno dei pochi settori (il turismo) che in questi anni era andato in controtendenza rispetto alla crisi.

Ma ci sono tante altre situazioni che chi vive realtà un po’ più di frontiera conosce bene: basta fare un giro nelle scuole (dove l’ascensore sociale, come testimoniato da un altro interessante rapporto, è sempre più fermo) per rendersene conto. Per carità, gli smartphone non mancano mai, ma magari mancano i libri, i quaderni e tanto altro e i consigli di classe si trasformano in momenti di condivisione di ferite familiari difficili da sanare. Anche i parroci potrebbe raccontare tante storie che arrivano nel silenzio delle loro sagrestie e a cui cercano di dare quotidiano conforto. E poi, lo abbiamo scritto tante volte, c’è quel senso di impotenza che convince una percentuale sempre maggiore di giovani a lasciare questa città per cercare un futuro altrove, così come fanno tanti altri coetanei meridionali. Difficilmente i media nazionali riserveranno i loro spazi a queste storie. Ma chi vive qui, sa bene che la realtà è molto più complessa di come si tende a raccontarla.

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