Meno male che c’è Agrigento

Vincenzo Figlioli

Punto Itaca

Meno male che c’è Agrigento

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venerdì 27 Marzo 2015 - 18:26

La settimana scorsa sembrava che tutti i dirigenti del partito democratico siciliano si stessero occupando del “caso Marsala”. Dai vertici provinciali del Pd al segretario regionale Raciti, era tutto un succedersi di dichiarazioni, prese di posizione, repliche piccate. Per un attimo ci siamo quasi sentiti orgogliosi di tanta attenzione, noi che ogni giorno raccontiamo questa città e che talvolta, magari sbagliando, tendiamo a vederla come il centro del mondo. In realtà, l’orgoglio è durato davvero poco, lasciando spazio a un senso di caos generale, di quelli che solitamente portano a scenari non proprio propizi. E col passare dei giorni, ci siamo resi conto che ben altra tensione si stava respirando ad Enna, grazie al sempreverde Vladimiro Crisafulli, e ad Agrigento. Nella Città dei Templi si va verso l’annullamento del risultato delle primarie. Altro colpo alla credibilità della politica locale dopo le dimissioni del sindaco Zambuto e il conseguente commissariamento, secondo uno scenario molto simile a quello che Marsala ha vissuto negli ultimi mesi dopo la condanna per concussione dell’ex sindaco Giulia Adamo. Questa volta, a differenza di quanto accaduto alcuni anni fa con le primarie a Napoli, non si parla di inquinamento dell’esito elettorale, ma di un candidato vincente che, come ha detto Raciti, non sarebbe in sintonia “con la gente del Pd”. Lecito chiedersi se non fosse il caso di pensarci prima, quando erano in tanti a dire che Silvio Alessi avesse più punti di contatto con Forza Italia che con i democratici. La Sicilia, come viene spesso ricordato, è la terra del Gattopardo. Dove si vuole che ogni cosa cambi affinché tutto resti com’è. Secondo questa logica, da decenni, assistiamo a politici che cambiano casacca settimanalmente, credendo di mantenere sempre la stessa credibilità. Restando ad Agrigento, Marco Zambuto è uno dei massimi esempi di questo genere di pratiche. Comincia con la Dc, poi passa al Cdu, prima vincere le amministrative del 2007 con il centrosinistra. Dopo un anno, aderisce al Pdl, ma nel 2010 lo ritroviamo con l’Udc di Casini. Nel 2013 sposa la causa del Pd, in quota Renzi. Dovunque vada, poi, nessuno che gli dica: “resta fermo un turno e fai il portatore d’acqua”. Tutt’altro…è una gara continua a chi gli offre di più…Ma il suo non è un caso isolato. Alla Regione, Crocetta ha cercato di portare avanti la sua “rivoluzione” attingendo abbondantemente tra gli scranni dei partiti che aveva combattuto in campagna elettorale. Mentre a Marsala basta guardare il Consiglio comunale, dove si possono contare sulle dita di una mano i consiglieri che dopo tre anni fanno parte dello stesso gruppo in cui sono stati eletti. A parlarne con loro, pare che per cambiare casacca ognuno abbia avuto validissime ragioni. Quasi sempre (aggiungiamo noi) di carattere personale. Sarebbe opportuno che chi sta preparando le liste per il rinnovo del Consiglio comunale smettesse di corteggiare i tanti Silvio Alessi o Marco Zambuto che ci sono in giro. Basta guardarsi attorno senza pigrizia per trovare tanti cittadini pronti a dare un valido contributo alle sorti delle comunità in cui viviamo.

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