Il messaggio della mafia

Gaspare De Blasi

Marsala

Il messaggio della mafia

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martedì 23 Maggio 2017 - 09:33

Oggi come allora. Con la differenza che di questa giornata ci dimenticheremo, ma dove ci trovavamo quel 23 maggio del 1992 non lo dimenticheremo mai. Si tratta di una data che entra nella vita di tutti noi. Come le torri gemelle e lo sbarco sulla luna. Tutti quelli che hanno l’età per farlo, si ricordano quello che stavano facendo e dove si trovavano. A ricordarlo sono le persone normali, quelle che forse si aspettavano un’azione della mafia contro Giovanni Falcone, ma a cui rimarranno per sempre impresse le immagini dell’autostrada verso Palermo sommersa di corpi e detriti. Se lo ricorderanno anche i giovani politici di allora che cercarono di porre fine ad una situazione drammatica e reagirono con tentativi legislativi di organizzare una seria lotta dello Stato alla mafia.

Il risultato a 25 anni di distanza, si fa ancora attendere. A ricordare quella data c’è anche la mafia di oggi, che non ha voluto mancare alla ricorrenza, mandando un chiaro messaggio: siamo ancora qui, a farci gli affari nostri (e quelli vostri). E tra gli affari c’è anche il botto. Il botto per accoppare un rivale, per esempio. Così dal quartiere palermitano della Zisa sono arrivati due botti. Alla testa di un boss. Nella guerra di mafia (che evidentemente ancora c’è) Cosa Nostra ha dimostrato di avere, come chi l’avversa, memoria lunga. L’uomo aveva scontato 25 anni di carcere, era uscito e si era messo a fare quello che aveva fatto prima: il boss mafioso. Altri come lui, ma di “pensiero” diverso, lo hanno atteso in un strada e lo hanno ucciso. Sono i giorni di Falcone chissà se ci hanno pensato.

Oppure se lo hanno fatto apposta. La mafia non è nuova ad atteggiamenti simili e spesso agisce inviando messaggi. Colpisce che la strada dove si è svolto l’omicidio sia interessata a lavori pubblici per il rifacimento della bitumazione e che nelle vicinanze c’è una scuola dove si effettuavano lavori di miglioria alla struttura. Lo Stato e la mafia coesistono e talvolta sembra (ma solo sembra) che convivono: “tu Stato lavori e ci lasci lavorare”. Noi però a questa logica non ci stiamo e lo diciamo.

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