Mia madre

Vincenzo Figlioli

Mia madre

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domenica 19 Aprile 2015 - 12:58

“Mamma, a che stai pensando?”. “A domani”.

“Mia madre”, nuovo film di Nanni Moretti, è uno spaccato intimo del regista stesso; il quale, forse proprio per il troppo coinvolgimento, si mette da parte e riversa tutta la sua personalità con un’autocritica puntuale nella protagonista Margherita, interpretata da Margherita Buy.

Ancora una volta dopo “La stanza del figlio”, il regista, ci porta nella sfera intima della perdita, questa volta focalizzandosi sull’attesa del lutto, su quello che succede ai figli quando a vacillare sono i genitori, quando a stare per crollare sono le colonne che li hanno messi al mondo e sostenuti, quando il senso di impotenza porta questi figli a prendere decisioni che nessun altro capirà o che loro stessi non capiscono.

Margherita è una regista, il film si apre su una ripresa metacinematografica di lotta operaia, poi uno “STOP” e siamo già catapultati nell’intimità della protagonista, nei suoi dubbi, nelle sue domande che te la fanno subito riconoscere come l’alter ego del regista stesso. Margherita, nella finzione, è ossessionata dalla realtà, tutto deve essere vero, o almeno credibile, non vuole trucchi né artifici ma operai e operaie credibili, possibilmente senza capelli finti e unghie chilometriche.

Nella realtà, invece, Margherita è un’egocentrica che se la racconta, che chiede al fratello per l’ennesima volta cos’ha la madre solo perché non presta la dovuta attenzione alle parole che le vengono dette; Margherita ha bisogno di finzione, ha bisogno di immaginare le cose, ha bisogno di sognarle, di vederle diverse. Tutta la pellicola gioca molto su questo ribaltamento del concetto di realtà e finzione, di pubblico e privato.

Nanni Moretti, continuando il percorso di distaccamento dal protagonismo intrapreso con “Il caimano”, interpreta Giovanni, il fratello di Margherita, un ingegnere che prende un periodo di aspettativa per accudire la madre, insegnante di latino e greco in pensione, che passa da un letto d’ospedale all’altro.

Questa madre, interpretata magnificamente da Giulia Lazzarini, che Margherita comincia a conoscere davvero durante la malattia, in quel letto di ospedale, come una donna curiosa, circondata da persone che le volevano bene, impegnata, sensibile e disponibile, pronta a custodire i segreti della nipote Livia; invece Margherita si sente inadeguata perché a lei la figlia, Livia, non racconta i suoi segreti… perché lei, ora che il suo ex compagno l’ha costretta ad ascoltarlo è consapevole che “Ti prendono a piccole dosi perché si sentono a disagio con te”.

“Mia madre” è un film toccante, sensibile, commovente, intimo e vero… e proprio perché vero, straziante, ma riesce a regalarci qualche momento di leggerezza grazie all’istrionica, seppur a piccolissime dosi, interpretazione di John Turturro, protagonista del film che Margherita sta girando. Turturro interpreta Barry Huggins, un attore spaccone e presuntuoso, caotico e smemorato con cui è impossibile lavorare, finché non rivela la sua “vera” natura… perché tutti abbiamo una vera natura da rivelare, presto o tardi, per quanto cerchiamo di soffocarla.

Daniela Casano

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