Pier Paolo è libertà

Chiara Putaggio

Pier Paolo è libertà

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giovedì 05 Novembre 2015 - 06:00

Cosa ha da dirci Pier Paolo Pasolini oggi? La mia è una domanda e al tempo stesso un’affermazione. Nella notte tra l’1 e il 2 novembre di quarant’anni fa lo hanno ucciso. Una sola persona è stata condannata per quel massacro. Pino Pelosi, all’epoca solo un ragazzo. Quella sera sicuramente lui era lì, con il poeta e intellettuale forse più brillante del nostro tempo. All’idroscalo di Ostia si è consumato un massacro. Pier Paolo non è stato solo ucciso, ma trucidato, con una ferocia paragonabile a poche altre. L’unica che mi viene in mente è quella del delitto del Circeo. In entrambe le vicende c’erano coinvolte – almeno apparentemente o per l’esattezza, almeno per la verità giudiziaria, che non sempre è la stessa della verità dei fatti – persone appartenenti a ceti sociali completamente diversi. Antagonisti, quasi. Ma se i responsabili del massacro del Circeo erano ragazzotti della “Roma bene” che disprezzavano le popolane al punto da devastarle a morte, Pier Paolo era affascinato dal popolo. “La provincia ci salverà”, diceva. I suoi “Comizi d’amore” sono una meravigliosa antologia di immagini di un Paese e della sua, agricola e urbana … a volte anche sub urbana, antropologia sentimentale. Nella sua interpretazione: il Decamerone parla napoletano e spesso nell’alta borghesia si vive un antropofago “Porcile”, mentre al proletario crocifisso, non resta che sognare “la ricotta”. Eppure ad ucciderlo, almeno materialmente, è stato un figlio del popolo, che, come recita la sentenza di primo grado “in concorso con ignoti” è stato giudicato colpevole del barbaro assassinio. Ma chi sono questi ignoti, non è dato saperlo. Né chi sono, se ci sono, i mandanti. Resta una tremenda amarezza per una meravigliosa vita spezzata senza se e senza ma. Resta un Paese orfano di un poeta. Resta una giustizia banale e incompleta. Resta il dolore di chi, come me, non era nato quando Pier Paolo viveva, ma che lo anela, da almeno vent’anni. Pier Paolo era dolce e acuto. La sua poetica non ha eguali e non ha lasciato eredi, ma solo vaticini dell’Italia che sarebbe stata… dopo di lui. A quarant’anni dalla morte di un illustre omosessuale si parla di ideologia gender e c’è chi ancora si scandalizza, si spaventa, teme per i propri figli un insano contagio. Io credo che Pier Paolo ci abbia insegnato che è bellissimo essere uomini. Nella pienezza ampia e trascendente di questo termine. E come possa essere orrendo esserlo se si viene sbranati dalle bassezze, siano i desideri infami, l’ingordigia di potere o la lussuria becera e crudele. In Medea, la sua Maria Callas dice alla nutrice, dopo essere stata tradita dallo sciocco ed avido Giasone, che la lascia per Glauce, principessa di Corinto: “Tu mi ami, e per di più sei donna”. Pier Paolo amava sua madre e nella natura scopriva la bellezza dell’eterno. Pier Paolo aborriva gli abusi e i soprusi dei potenti. Ma più di tutto aborriva il silenzio complice che sostiene le ingiustizie sociali. È il silenzio che lo ha ucciso due volte, ma lui è ancora. Lui è libertà.

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