Processo “Eden”, in aula due testi che avrebbero subito tentata estorsione

Chiara Putaggio

Processo “Eden”, in aula due testi che avrebbero subito tentata estorsione

Condividi su:

giovedì 03 Luglio 2014 - 20:59

Rosetta e Vincenzo Campagna hanno respinto le richieste di denaro di Anna Patrizia Messina Denaro e Francesco Guttadauro

Nuova udienza del processo scaturito dall’operazione antimafia “Eden”. Sono imputati: Anna Patrizia Messina Denaro, sorella di Matteo, ritenuto il capo di Cosa Nostra, Francesco Guttadauro, nipote del superlatitante e Antonino Lo Sciuto, ai quali è contestato il reato di associazione mafiosa, Vincenzo Torino, accusato di intestazione fittizia di beni e Girolama La Cascia, ritenuta parte lesa, ma accusata di false dichiarazioni al pm.  Ieri in Tribunale sono stati sentiti due testi della lista del pm: Rosetta Campagna  e Vincenzo Campagna che, secondo l’accusa avrebbero subito una tentata estorsione da parte di Anna Patrizia Messina Denaro e da Francesco Guttadauro. La vicenda riguarda l’eredità di Maria Caterina Bonagiuso, morta il 23 febbraio 2011, all’età di 86 anni. Rosetta Campagna, (la cui madre era cugina di secondo grado della Bonagiuso), è stata una erede designata nel testamento. Le toccarono una casa e circa 250 mila euro. “Anna Patrizia Messina Denaro – ha dichiarato Rosetta Campagna – mi disse che un’altra erede, Palmina Zancana, le aveva detto che c’era un precedente testamento dove tra gli eredi c’era designata anche lei e che questo testamento sarebbe stato strappato. Dissi che non mi risultava. Io – ha continuato la Campagna – risposi che non dovevo darle nulla e che se lei riteneva poteva denunciarmi. Lei mi disse che un’altra erede, Girolama La Cascia, le aveva dato 70 mila euro. E questo perché la Bonagiuso, prima di morire, glielo avrebbe detto. Dissi che a me non aveva detto nulla e perciò non le avrei dato niente”. Il secondo a deporre è stato Vincenzo Campagna, compagno di scuola fino alle medie di Matteo Messina Denaro (erano vicini di casa, con cortile in comune), che affermato che Francesco Guttadauro andò due volte nel suo frantoio. “Prima – ha detto  – mi chiese di intervenire su mia sorella e poi, mi disse che gli era stato detto di dirmi che quello che doveva dare mia sorella, lo dovevo dare io. Mi preoccupai. Un avvocato mi consigliò di rivolgermi all’autorità giudiziaria e io lo feci”.

Condividi su:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Commenta