“Quale direzione?”: il bilancio del consigliere Nuccio a un anno dalle elezioni

redazione

“Quale direzione?”: il bilancio del consigliere Nuccio a un anno dalle elezioni

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lunedì 13 Giugno 2016 - 07:13

E’ tempo di bilanci per la politica nella città di Marsala.

E’ ormai trascorso un anno dall’insediamento di giunta e consiglio comunale.

In questo primo anno da consigliere ho talvolta avuto modo di scoprire sfaccettature dell’animo umano applicate alla politica, che a ben pensare forse poco hanno a che vedere col concetto stesso di politica: l’ipocrisia di certi atteggiamenti, la bramosia di avere a tutti i costi una certa visibilità, la necessità di dimostrare al proprio elettorato di riferimento di “contare” un tantino, la stupidità di quella categoria, gli adulatori, che già il Machiavelli in quel grande trattato di politica che è “Il Principe” ben definì.

Quanta tristezza nel riconoscere i posizionamenti di chi incarna la politica della piccola bottega.

Personalmente ho sempre cercato di dire le cose per come le vedevo, osteggiando l’idea che un consiglio comunale democraticamente eletto (primo livello della democrazia rappresentativa) potesse risultare quale “club” esclusivo dove il “volemose bene” deve trionfare comunque, o dove si deve tacere per il quieto vivere anche quando si usa una narrazione che deforma la storia recente della città, quando il ricatto si sostituisce alla lealtà.

Pochi e semplici riferimenti in questo anno: il rispetto per l’onestà intellettuale e l’assoluta autonomia di pensiero, unite alla consapevolezza di avere sempre qualcosa da imparare.

Superato il primo anno dire che tutto vada a gonfie vele probabilmente non corrisponde a verità e non è mia intenzione mentire al lettore.

Le pecche all’interno della macchina amministrativa sono tante, con responsabilità che si perdono su molteplici fronti.

Dichiarare il contrario sarebbe da stupidi, non a caso ci siamo candidati per cambiarla, per determinare le dinamiche di riforma di questa città.

Di contro, però, tantissimi operatori dell’amministrazione (siano essi funzionari, operai o precari) ogni giorno danno il massimo contributo in termini di lavoro, a compensare le disfunzioni che pure ci sono, date dalle difficoltà di natura finanziaria, di precaria organizzazione e quant’altro.

A loro va la mia più sentita riconoscenza, a quelle persone che con forza di volontà ed abnegazione contrastano ogni giorno il prodotto virulento di un clientelismo che per decenni è risultato essere dominante.

E’ questo il capitale umano che con tutte le difficoltà del caso manda avanti la macchina “comune”.

Si può fare di più e meglio? Certamente si, tutto rimane perfettibile.

Con Alberto Di Girolamo in questo anno, fra alti e bassi, successi ed errori, di fatto è cambiato il metodo di gestione e sono convinto che parte delle criticità in seno alla maggioranza siano dovute anche a questo.

Eppure le sfide che ci aspettano sono sfide importanti.

Ed è bene che la politica riesca a fare sintesi, che fra le posizioni più distanti si riesca a trovare un punto di incontro.

Penso all’approvazione del nuovo piano di intervento sui rifiuti.

Quello che qualcuno ha definito giustamente “l’appalto degli appalti”, servizio fondamentale per la città, che maggiormente incide sulle casse comunali così come nelle tasche del cittadino.

Saremo pronti a guardare per una volta alle esperienze virtuose nel territorio italiano che sono riuscite col medesimo piano a coniugare risparmio per il cittadino e rispetto dell’ambiente?

Saremo pronti a superare quell’odioso stereotipo che ci vuole incivili “a prescindere” e puntualmente spiazzati di fronte al cambiamento solo perché meridionali?

Si sa dopo l’avallo alla realizzazione del porto, questa rimane una delle cose fondamentali di questo quinquennio.

Ma torniamo a noi, come arriva la città all’appuntamento del primo anno del nuovo corso amministrativo?

Certamente non bene.

Ed è il momento, se davvero pensiamo di avere l’ambizione di essere “classe dirigente”, di provare a confrontarci con la realtà e non cambiando il vocabolario per sfuggire alla brutalità delle parole che ci si pongono con forza davanti.

Interroghiamoci, apriamo un confronto leale con la società civile, con gli intellettuali (quelli onesti ma anche con quelli che dell’autoreferenzialità hanno fatto la propria bandiera), con l’imprenditoria, con i giornalisti e gli studenti.

Interroghiamoci sui fenomeni criminali che hanno caratterizzato le cronache dei nostri quotidiani negli ultimi anni.

Dagli incendi di auto e di attività commerciali, alle gambizzazioni e gli omicidi ed i maxi-sequestri di stupefacenti, le rapine degli ultimi tempi e le scorribande della microcriminalità, per arrivare all’oggi con la barbara uccisione di un servitore dello Stato, il quale sacrificio sarà stato vano (a prescindere dalla quantità di marijuana sequestrata negli ultimi giorni) se nel territorio dove con ogni probabilità si nasconde il super latitante Matteo Messina Denaro non si riuscirà ad avere una visione globale del fenomeno mafioso, rinnegando qualunque teoria che vuole questo definitivamente sconfitto e superato.

Quando lo Stato ha allentato la tensione, quando la società civile ha posato le fiaccole è lì che l’organizzazione criminale si è riorganizzata.

E’ la storia.

Per tornare alla politica, questa è una delle componenti di una città che vuole riappropriarsi del proprio futuro ma non si può demandare solo a questa la responsabilità di indirizzo della società.

La politica deve abbandonare le logiche di cui sopra e deve muovere spinta dalla necessità di costruire un’alternativa alla decadenza, lavorando sul confronto, avviare una “normalizzazione” riempiendo questa di contenuti, di idee e di persone.

E’ tempo di coniugare all’idea del buon governo la costruzione di un progetto politico a lungo termine, in grado di avvicinare le migliori energie sparse per il territorio e fuori da questo ripartendo dalla “questione giovanile”, perché no?

Questa idea altro non è che la necessità di puntare un orizzonte, una sfida al futuro che la nostra comunità può e deve abbracciare con convinzione.

L’amministrazione che sostengo ha un ruolo importante in questo, sarà lo spartiacque in qualche modo fra un’epoca che si è conclusa ed una nuova che ci si pone davanti.

Saremo pronti a raccogliere questa sfida o finiremo risucchiati dalle tante e perenni “emergenze” tipiche delle città siciliane?

Da questa risposta passa il successo o la sconfitta del “modello Di Girolamo”.

Un modello che antepone l’onestà e la correttezza prima di tutto.

L’onestà nella pratica.

Se a queste tuttavia non si affiancherà la passione allora sarà tutto vano, il buon governo sarà solo un ricordo ed a prevalere torneranno ad essere gli antichi personalismi.

Concludo confidando al lettore la sensazione che ho provato leggendo i verbali della prima seduta del Consiglio Comunale dell’aprile 1946, il primo consiglio dell’era repubblicana.

Arrivo a questo studio poco dopo aver letto l’appello del prof. Gaspare Li Causi sull’opportunità di celebrare degnamente la settantesima ricorrenza di quell’evento, appuntamento tristemente disatteso, almeno per ora.

Bene, nel leggere quei verbali, nel percepire i toni di uno scontro feroce ma civile, di politici ideologicamente lontani fra loro ma accomunati dalla oggettiva necessità di “ricostruire” una Città che ancora portava le ferite di una guerra le quali macerie erano ancora in evidenza, ecco nel leggere le trascrizioni di Ignazio Adamo, Vito Giacalone, Francesco Pizzo, Stefano Pellegrino e quant’altri ho sentito evidente uno spessore politico, culturale e morale che deve essere da monito per chi come me oggi siede sugli stessi banchi, riconoscendo la fortuna di avere il privilegio e l’onore di rappresentare le istanze, i bisogni e l’orgoglio della nostra comunità.

Non è che l’inizio.

Daniele Nuccio

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