Quanta superficialità dietro un "Mandiamoli tutti a casa"

Audrey Vitale

Quanta superficialità dietro un "Mandiamoli tutti a casa"

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lunedì 17 Novembre 2014 - 18:05

E’ giusto che ognuno abbia la propria opinione, ma una “piaga social” davvero diffusa è l’opinione copia e incolla, che sempre più frequentemente si insinua nelle bacheche e nei post dei nuovi media.

Un tema molto caldo, che ci riguarda da vicino è indubbiamente quello dell’immigrazione. A corredo di foto e notizie di ogni genere capita frequentemente di leggere frasi standard, scritte per rabbia certo. Frasi vuote come un urlo di chi è arrabbiato ma non sa con chi prendersela. Una rabbia personale, intima, che si trasforma in sfogo verso chi riteniamo più debole di noi.

Tralasciando volutamente quelle frasi irripetibili che istigano all’odio razziale, alla violenza fisica, e che sono da condannare senza se e senza ma. Ecco le più diffuse pronunciate dai “moderati”:
“Non sono razzista ma… “

Anche se siamo poveri, disoccupati, in difficoltà ecc. noi siamo occidentali, viviamo nella nostra terra (giochiamo in casa…), parliamo la lingua nazionale, siamo di razza caucasica, e per questi motivi ci arroghiamo il diritto di decidere sui destini di chi non è come noi ma si trova nel nostro paese.  Ci eleviamo ad un livello superiore rispetto a chi è un rifugiato, un richiedente asilo o un clandestino, diventiamo improvvisamente giudici delle vite altrui e ci indigniamo se gli immigrati si “permettono” di protestare o di fare qualcosa di diverso da ciò che devono fare all’interno dei “recinti sociali” dove a fatica vengono tollerati. Ecco, questo è razzismo.

“Mandiamoli tutti a casa” 

Questa a mio avviso è una delle peggiori, delle più vuote e insignificanti frasi che abbia mai letto. Perché non considera gli immigrati come esseri viventi, come persone con un vissuto, un passato, un presente e un futuro. Una frase che è conseguenza di una sentenza, senza un processo. Una frase pericolosa proprio per tutta l’ignoranza che vi si nasconde dietro. Una frase che non tiene conto della situazione storica che stiamo vivendo (attualmente in Africa ci sono 25 paesi in guerra), delle guerre civili, della povertà, dei regimi militari e totalitari e delle atrocità da cui i migranti sfuggono in cerca di un futuro. Non tiene conto dei viaggi della speranza, delle traversate nel deserto, delle sevizie, torture, e obblighi che spesso sono costretti a subire, come fosse un lasciapassare, questi uomini e donne, che vediamo arrivare. Non tiene conto di un viaggio (pagato a caro prezzo) in imbarcazioni di fortuna, stipati, soffocati, al freddo, senza cibo né acqua, in balìa delle condizioni marine e del destino…

Se scappano, se affrontano un viaggio del genere, se sopportano violenze, e umiliazioni, credete davvero che si stia così bene nel loro paese? Se voi fuggite, lo fate perché siete spaventati, perché chiedete aiuto, perché volete allontanarvi da una situazione di pericolo. Non vi aspettereste mai che il vostro soccorritore vi rispedisse lì dove siete voluti andare via…

La convenzione di Ginevra (28 luglio del 1951) definisce “rifugiato” colui “che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.

 “Prendono 30 euro al giorno e si lamentano pure

Non fatevi ingannare dalla disinformazione. Non prendono 30 euro al giorno. Sono le strutture, di accoglienza autorizzate dai Prefetti, a percepire una cifra giornaliera per il vitto e alloggio dell’immigrato, più le varie spese di mantenimento della struttura stessa, di questi, 2,50 euro giornalieri (pocket money) vengono dati all’ospite per spese personali.

La situazione non è facile, e nessuno lo mette in dubbio. C’è qualcosa nella macchina “burocratica” dell’accoglienza che si inceppa, che non funziona. Procedure lunghissime che lasciano “vite e identità in sospeso” per mesi, anni… C’è un’Europa assente, nelle azioni, nei provvedimenti, ci sono paesi che “se ne lavano le mani”, solo perché geograficamente più distanti dai luoghi degli sbarchi. Ma questo non giustifica l’intolleranza. Questo non può renderci insensibili e violenti nei confronti di chi proviene da un altro paese.

Si, i migranti si lamentano, protestano, come gli italiani. Si, fra gli immigrati ci sono anche delinquenti, come accade in Italia. Alcuni si ubriacano, come alcuni italiani; accade anche che siano coinvolti in risse, così come accade agli italiani. I delinquenti sono da punire, stranieri o italiani che siano. Ma dove la vedete tutta questa diversità? Nel colore della pelle?

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