Il ricercatore marsalese Vito Mezzapelle in California per lo studio dei progressi da applicare alla nostra vitivinicoltura

Claudia Marchetti

Il ricercatore marsalese Vito Mezzapelle in California per lo studio dei progressi da applicare alla nostra vitivinicoltura

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mercoledì 18 Marzo 2015 - 16:38

La vite è sicuramente una coltura che si adatta alle più svariate condizioni ambientali. D’altra parte solo certe combinazioni di vitigno/portinnesto, suolo e clima, nonché di capacità tecnica dell’uomo (cultura vitivinicola), consentono la massima espressione qualitativa di questa coltura. Da alcuni anni il giovane marsalese Vito Mezzapelle si occupa di ricerca nel settore vitivinicolo, avendo avuto nel 2012 l’opportunità di intraprendere un percorso di studio e ricerca come dottorando del Corso di Biologia Vegetale e Produttività della Pianta Coltivata presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano. “Obbiettivo del mio lavoro è capire come diversi “terroir” in Sicilia influenzino la qualità delle uve ottenute da alcuni vitigni regionali e i vini da essi ottenuti – ci fa sapere Vito Mezzapelle –. Negli ultimi anni, presso il Centro per l’Innovazione della Filiera Vitivinicola “E. Del Giudice” di Marsala, è stato condotto un lavoro di selezione clonale, un progetto di “Valorizzazione dei Vitigni Autoctoni Siciliani”. Tra i numerosi risultati raggiunti, sono stati ben identificati e caratterizzati alcuni biotipi appartenenti alle varietà Nero d’Avola e Frappato. E’ da questi vitigni che si sviluppa il mio progetto di ricerca, lo studio e l’analisi della loro risposta agronomica, enologica e qualitativa in relazione a diverse condizioni pedologiche e climatiche siciliane”. Uno studio che lo ha portato a Fresno, in California il 23 febbraio scorso, dove ha sede un importante centro di ricerca universitario per la viticoltura e l’enologia, diretto da Prof. J. A. Kennedy. Qui, lavora un gruppo di esperti allo scopo di comprendere i meccanismi che stanno alla base delle interazioni che si stabiliscono tra i tannini delle bucce e dei vinaccioli delle uve e le proteine salivari. “Tali interazioni rendono i tannini responsabili della percezione dell’astringenza, a causa della formazione di complessi insolubili proteine-tannini che, riducendo il potere lubrificante della saliva, determinano la non piacevole sensazione di secchezza e rugosità del cavo orale – ha detto il ricercatore in termini strettamente tecnici –. Per comprendere quali siano le conseguenze di differenti variabili genetiche e ambientali sulla composizione dei tannini e la loro evoluzione nell’acino d’uva e nel vino, vengono sviluppate indagini mediante l’impiego di tecniche analitiche sempre più innovative, basate sull’utilizzo della cromatografia liquida ad alta prestazione”. Studi che, se approfonditi in Sicilia, porteranno all’acquisizione di nuove metodiche analitiche da applicare a possibili futuri lavori di ricerca dalle ricadute territoriali, per la valorizzazione delle produzioni tipiche regionali.

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