Scrive Nino Rosolia sul voto referendario e i doveri della sinistra

redazione

Scrive Nino Rosolia sul voto referendario e i doveri della sinistra

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lunedì 19 Dicembre 2016 - 07:34

Del recente voto referendario, è il dato più significativo: l’affluenza del 70% degli ‘aventi diritto’. Un dato eclatante: per un referendum – confermativo – che non richiedeva alcun quorum. Nella convulsa, drammatica fase che l’Italia attraversa, perentoria è la richiesta del Popolo: “Vogliamo partecipare, vogliamo dire la nostra! Sul lavoro, la sanità, il fisco, le pensioni, la corruzione”.

Ma, l’analisi dei flussi elettorali – Diamanti docet – fornisce, se possibile, ulteriori, preziose informazioni.

Nella “Madre di tutte le Battaglie”, il “Caro Leader” fiorentino, lanciato a velocità supersonica verso la vittoria, s’è schiantato contro la montagna di schede marchiate a fuoco col “NO” da venti milioni di elettori.

La “Forgotten Generation”, le neglette periferie, il Sud abbandonato ormai al suo malinconico destino, lo hanno gridato forte e chiaro: non è l’archittettura istituzionale, il problema più impellente dell’ex-Belpaese!

Qualcuno presterà ascolto all’urlo che squarcia l’atmosfera ovattata dell’incipiente pausa natalizia? Qualcuno capirà che lo storytelling del “Tutto va ben, Madama la Marchesa”, non poteva funzionare mentre milioni di famiglie rischiano ogni giorno di precipitare nel baratro della povertà assoluta?

Qualcuno, soprattutto ‘A Sinistra’, avrà voglia di interrogarsi sulla formula alchemica capace di conciliare il ‘Governo della Complessità’ con l’ ‘Uguaglianza delle Opportunità’ e la ‘Giustizia Sociale’?

Trovo demenziale che alcuni esponenti della sinistra abbiano bacchettato il povero Pisapia, colpevole di aver invitato tutti – i ‘vincitori’ del “NO” e gli ‘sconfitti’ del “SI”– ad aprire un civile confronto ‘A sinistra’.

La carne al fuoco non manca. Tanti gli interrogativi ineludibili cui i ‘Progressisti’ devono saper dare risposta.

Secondo quali linee programmatiche riperimetrare il ‘Campo Progressista’? Se non è un “amalgama malriuscito”,cos’è,oggi,esattamente,il PD? Qual è la sua identità politica-culturale? Qual è la sua proiezione futura? Approderà al “Partito della Nazione”? Decollerà verso l’ “Ulivo 2.0”?

Anche per la Sinistra ‘a sinistra’ del PD, non mancano gli interrogativi. Rispetto alla terribile situazione del Paese. Dei suoi giovani: senza lavoro, nè dignità, nè speranza. Delle sue periferie desolate, deprivate, abbrutite. Del suo immalinconito Sud. Forse è il caso di lasciar perdere i destini individuali, le dinamiche sinusoidali dei gruppi dirigenti, le fregole dell’ennesimo partitino che “più a sinistra non si può”. Abbiamo davanti sfide ben più difficili: come può ripartire il nostro Paese? Come coinvolgere e dare rappresentanza, al ‘popolo del referendum’ che, recandosi in massa ai seggi, ha mostrato di volere e saper dire la sua? “C’è un tempo per lacerare e un tempo per ricucire. C’è un tempo per demolire e uno per costruire” : questo il ‘mantra’ che (non escluso lo scrivente) la litigiosissima Sinistra dovrebbe imparare a recitare.

Domenica scorsa, il popolo ha battutto un colpo: è dovere morale e politico dei Progressisti, rispondergli. Se la ‘politica’, dell’autorevolezza perduta, vuol riguadagnarrne un barlume, deve stare in mezzo alla gente, nelle piazze, nei luoghi d’incontro, per capirne necessità e urgenze, alleviarne i disagi, conviderne i drammi. Forse, si dovrebbe stravolgere il senso del nero umorismo che dilaga sulle speranze, non dico di palingenesi sociale, ma di lieve miglioramento, almeno, delle condizioni concrete e della qualità della vita.

Si dice: “Munn’a statu, e monnu è”. Si ripete: “Dio è morto, Marx pure e anch’io non mi sento molto bene”. Si ricorda ai distratti che: “La nostra è la terra dell’eterna sconfitta della ragione, degli uomini ragionevoli”. Ma gli sciasciani “uomini ragionevoli”, esistono ancora. E non è detto debbano soccombere anche stavolta. Ad alcuni di loro, intanto, si potrebbe affidareil compito di dare l’abbrivio al confronto: a Giuliano Pisapia e a Stefano Rodotà, a Massimo Cacciari e a Romano Prodi, a Maurizio Landini e a Michele Serra, a Salvatore Settis e a EzioMauro. Va da sé, il compito è arduo,ma entusiasmante: riperimetrare il “Campo Progressista”.

A patto, però, che quei 33 milioni di cittadini che si sono espressi nella consultazione referendaria, non se ne tornino a casa. Anzi, partecipino alla discussione: criticando, proponendo, diventandone protagonisti.

Ne sono convinto, c’è un’ultima chance: gli “Stati Generali dei Progressisti”, nel Paese e nei Territori.

Dei Progressisti radicati nei partiti e di quelli che ne stanno a debita distanza. Dei Progressisti impegnati nel sindacato e di quelli che regalano il loro tempo all’associazionismo culturale e al volontariato. Dei Tifosi e dei Riflessivi. Dei Convinti e dei Dubbiosi. Degli Apocalittici e degli Integrati. Un cronista disposto a consumare le suole e un impavido film-maker (emuli del Moretti de “La Cosa”) si tengano pronti anche da noi,a fissare parole e immagini dell’evento: il disgelo tra la Sinistra e il suo Popolo. Conditio sine qua non, per tentare l’impresa: la Rinascita di un’intera Comunità prima che Politica, Umana.

G. Nino Rosolia

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