Scusate, parlo di musica

Claudia Marchetti

Marsala

Scusate, parlo di musica

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mercoledì 28 Settembre 2016 - 07:30

Oggi la musica in Italia occupa l’ultimo posto nell’ambito della cultura. Nonostante si tenti, al momento in maniera assolutamente lenta e confusa, di riformare l’ambito con una legge ad hoc, autori, musicisti, operatori culturali e giornalisti, fanno fatica a vivere e sopravvivere di musica. Qui, a scriverne, sono anche un po’ in imbarazzo, non lo nascondo. Forse perché i quotidiani e le riviste musicali hanno tirature limitate o non esistono neanche più. Al contrario delle webzine che però in poche riescono a guadagnarci. Non siamo più abituati a leggere di musica, ma piuttosto di politica, di problemi istituzionali, di cronaca; pensiamo che siano argomenti molto più importanti ed interessanti. In realtà non è proprio così. Negli anni ’50-’60, nel momento clou della beat generation e negli anni avvenire, quando Woodstock era un’esplosione di hippie e di rock star maledette, ascoltare, parlare e scrivere di musica era fonte di polemiche tra amministrazioni, era argomento di discussione per i politici, era fonte di cronaca nera. Si pensi al blues, se vuoi conoscerlo veramente devi studiare la cultura di un popolo, di un luogo. Si pensi alla “strana” morte di Jim Morrison piuttosto che al drammatico suicidio di Kurt Cobain. Oggi è cambiato tutto. Il processo tecnologico che ha reso tutti un po’ giudici e depositari della verità assoluta, è sempre più a caccia di “like” e sempre meno di qualità. Più clicchi “mi piace” più quel sito guadagna e i v-blogger o gli youtuber che parlano del nulla a ragazzini annoiati sono le nuove star.

Vivere o sopravvivere di musica oggi? Se lo sono chiesti anche i giornalisti che hanno partecipato ai tavoli tematici del primo Festival del Giornalismo musicale che si è svolto lo scorso fine settimana a Faenza, all’interno del MEI, Meeting delle Etichette Indipendenti. C’ero anch’io e con me altri colleghi, altri artisti, produttori, piccole etichette discografiche che fanno fatica in Italia oggi, a sopravvivere. Quello che in conclusione si è affermato è di fare rete, di collaborare, di creare eventi coinvolgendo più parti possibili, private e pubbliche, ma qualcosa deve cambiare a partire dalla nostra mentalità. Come ha affermato il noto giornalista Ezio Guaitamacchi, “… il web viene usato solo al 5% e male”. Bisognerebbe nel 2016 pensare a regolamentare l’informazione on line assolutamente allo sbando. Perché è da qui che si forma ed informa in maniera distorta la massa. Quello che sta accadendo nell’ambito culturale a Marsala, le proteste degli artisti e degli operatori culturali, è il quotidiano in una realtà che preferisce lasciare in disparte il settore. Eppure i numeri (vedi quelli sul turismo) affermano il contrario. In realtà dovremmo ripartire dalla nostra città per cambiare le cose, ma nessuno intende cambiarle, siamo una generazione comoda, dicono, o forse non abbiamo più la forza di lottare.

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