Senza Mondiali

Vincenzo Figlioli

Marsala

Senza Mondiali

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mercoledì 15 Novembre 2017 - 09:55

Non è facile, per un Paese in cui il calcio è una vera e propria religione di Stato, accettare che la Nazionale non partecipi ai Campionati del Mondo che si terranno la prossima estate in Russia. Un vero e proprio dramma collettivo si è consumato intorno all’eliminazione arrivata nei play off contro una Svezia tutt’altro che irresistibile.

I Mondiali sono qualcosa di più di una manifestazione sportiva: c’è una vera e propria economia che gira intorno ad essi e in un momento di crisi economica come quello che il nostro Paese continua a vivere, anche questi sono aspetti da non sottovalutare. Ma la delusione è legata anche a un altro fattore, non meno importante: i Mondiali sono uno di quei rari appuntamenti in cui l’Italia si riscopre unita, da Nord a Sud, nel supportare 11 giovani uomini e le loro riserve, che con la maglia azzurra addosso promettono di volta in volta di ripetere le gesta di Meazza, Riva, Rivera, Rossi, Zoff, Conti, Schillaci, Baggio, Maldini, Pirlo o Totti. Un grande rito collettivo che crea occasioni di incontro familiare o tra amici, senza dimenticare gli schermi giganti nei locali pubblici o nelle piazze più importanti delle città. Non ci saranno “Notti Magiche” stavolta. Così come non ci sono state nel 2010 in Sudafrica e nel 2014 in Brasile, a riprova di una crisi del nostro calcio che parte da lontano e che certamente non comincia con le sciagurate scelte di Giampiero Ventura. Come spesso avviene in Italia, si è preferito nascondere la testa sotto la sabbia di fronte ad ogni fallimento, cercando di addossare tutte le responsabilità addosso al caprio espiatorio del momento.

In realtà il calcio italiano ha perso appeal e competitività da anni, prigioniero di procuratori affaristi e aspiranti campioni che pensano più agli ingaggi e alle starlette del gossip che a scrivere la storia di questo sport. E’ diventato lo specchio di una nazione che non riesce a rinnovarsi, né a rifondarsi scommettendo sui suoi giovani, come invece avviene in Francia, Germania o Spagna quando si arriva alla fine di un ciclo.

Ma la crisi del mondo del calcio non è che la punta dell’iceberg di una più generale crisi dello sport italiano: a parte qualche exploit nel nuoto o nella scherma, le Olimpiadi ci vedono da anni raccogliere risultati profondamente deludenti, a partire da quell’atletica leggera che un tempo ci vedeva protagonisti con campioni come Berruti, Mennea, Simeoni, Damilano, Bordin. Negli sport alpini continuiamo ad aspettare un degno erede di Alberto Tomba, nel tennis maschile da 40 anni si invoca un nuovo Panatta. In tutto ciò, gli impianti (lo vediamo anche dalle nostre parti) sono sempre più carenti e nella maggior parte dei casi l’educazione fisica nelle scuole è ridotta a una mera attività di sfogo per gli studenti.

Non è dunque solo il calcio, ma l’intero sistema sport da ricostruire con intelligenza e lungimiranza. Immaginare di placare la delusione di queste ore con le dimissioni di Ventura e Tavecchio (per quanto auspicabili e doverose) sarebbe solo una piccola consolazione che lascerebbe pressochè intatti i problemi accumulatisi in questi anni di mal governo sportivo.

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