Sequestrati beni e capitali a Michele Licata: dichiarava poche migliaia di euro, ma aveva la disponibilità di milioni

Claudia Marchetti

Sequestrati beni e capitali a Michele Licata: dichiarava poche migliaia di euro, ma aveva la disponibilità di milioni

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giovedì 26 Novembre 2015 - 10:50

17.00: “Con il sequestro dei beni all’imprenditore Michele Angelo Licata e alla sua famiglia la città di Marsala è stata liberata da uno degli imprenditori che truffando lo Stato aveva monopolizzato il settore turistico alberghiero e della ristorazione a scapito degli imprenditori onesti e dei lavoratori”. Questo il commento sulla vicenda da parte di Filippo Cutrona, segretario generale della Cgil di Trapani, che assieme alla Filcams ha espresso apprezzamento alla Procura di Marsala e alla guardia di finanza per l’inchiesta “Scacco al re”. “Questa operazione – sottolinea Cutrona – conferma, ancora una volta, quanto in provincia di Trapani le fette più ampie di economia siano state realizzate illegalmente e con un sistema criminale. L’utilizzo illecito dei finanziamenti pubblici e le fatture false hanno fatto crescere a dismisura il patrimonio della famiglia Licata, a danno dei lavoratori assunti anche in nero e degli imprenditori che, oggi, con enormi sacrifici cercano di mandare avanti le loro aziende”. “Auspichiamo – dice il segretario provinciale della Filcams Cgil Anselmo Gandolfo – che le lavoratrici e i lavoratori delle strutture ricettive sequestrate continuino, cosi come annunciato dagli inquirenti, a lavorare regolarmente. E’ confortante apprendere – conclude – che dopo il sequestro preventivo, avvenuto lo scorso aprile, la produttività delle aziende di Licata, oggi in amministrazione giudiziaria, sia aumentata garantendo anche occupazione e salario ai lavoratori precedentemente irregolari e assunti in nero”.

11.40: Si è appena conclusa la conferenza stampa alla Procura. Dopo l’introduzione del Procuratore della Repubblica, Alberto Di Pisa che ha ringraziato la Guardia di Finanza per il lavoro svolto, è stata la volta del suo sostituto, Antonella Trainito che è scesa nei dettagli dell’operazione conclusa dopo un lavoro di investigazione che lei stessa ha coordinato. “Si tratta dell’operazione in immobili e denaro di sequestro preventivo più importante svolta in Italia – ha detto -, dove non risulta coinvolta la criminalità organizzata. Il Licata con una serie di operazioni contabili e una rete di complicità riusciva a presentare bilanci delle sue attività che a prima vista risultavano ineccepibili. Il soggetto, che come persona fisica dichiarava al fisco poche migliaia di euro l’anno, aveva invece una disponibilità liquida di diversi milioni di euro”. Al magistrato ha fatto eco il comandante provinciale del nucleo di polizia tributaria di Trapani. “Proprio partendo dall’indagine su chi “aiutava” il Licata emettendo false fatturazioni – ha detto il maggiore Michele Ciarla -, siamo risaliti al sistema messo in atto. In pratica si emettevano delle fatturazioni false che permettevano al Licata di presentare annualmente un bilancio in parità. Dopo diversi interrogatori alcuni hanno confessato, e da lì siamo risaliti al Licata”. Le fatture false richiedevano la complicità di chi le emetteva. In sostanza le fatture venivano quietanzate e tolta la parte che veniva data ai complici, secondo la Procura, i soldi venivano restituiti al Licata che ne entrava nella piena disponibilità. A volte li utilizzava anche per aumenti di capitale sociale. Altre volte li depositava o li investiva. La Procura ha anche indagato 13 persone che emettevano le false fatturazioni.

I dettagli del sequestro:

10 società e 3 ditte individuali e relativo compendio aziendale, comprendente alberghi, lussuose sale ricevimento, resort con piscine e centro benessere, ristoranti, stabilimenti balneari e altre strutture ricettive a Marsala e sull’isola di Pantelleria; – 75 fabbricati; – 257 terreni; – 23 autoveicoli; – 71 rapporti di conto corrente con liquidità per circa 6 milioni di euro; – 6 polizze vita del valore di 4,6 milioni di euro e partecipazioni societarie

Il provvedimento coinvolge, oltre a Michele Angelo Licata, anche la moglie Maria Vita Abrignani, le figlie Valentina, Clara Maria e Silvia, la madre Maria Pia Li Mandri, il genero Roberto Cordaro.

Le società oggetto di sequestro, su disposizione del Tribunale di Misure di Prevenzione di Trapani e su richiesta della Procura di Marsala, sono: Delfino srl, Delfino Ricevimenti srl, Roof Garden srl, Rubi srl, Don Mariano srl, L’arte bianca srl, Punta d’alga srl, Rakalia srl, Sweet Temptation srl, Wine Resort di Abrignani Maria Vita & c., Sole Associazione cooperativa onlus, le omonime ditte individuali intestate a Michele Angelo Licata, Maria Vita Abrignani e Clara Maria Licata.

10.30: Si sta svolgendo nella sede della Procura della Repubblica la conferenza stampa indetta dal procuratore Alberto Di Pisa in seguito ad una complessa operazione della Guardia di Finanza che ha portato al sequestro, emesso dal Tribunale di Trapani, dei beni e del patrimonio di Michele Licata, proprietario, tra gli altri di Baglio Basile e Ristorante Delfino e nei confronti dei suoi familiari. Le Fiamme Gialle stanno procedendo al sequestro di quote sociali e compendi aziendali che gestiscono il baglio Basile, il Delfino Beach Hotel, la Delfino Ricevimenti e la Volpara, comprese altre attività ubicate tra Marsala, Petrosino e Pantelleria: si tratta di 247 appezzamenti di terreno, 73 fabbricati, 23 automezzi e 14 conti correnti, il tutto per un valore di 112 milioni di euro. Sequestrati anche due fabbricati e 10 terreni intestati allo stesso Licata e a Maria Vita Abrignani, per un valore totale di 5 milioni di euro. 57 rapporti di conto corrente per un valore di 5,7 milioni e 6 polizze d’investimento per 4,6 milioni di euro. Inoltre è stato accertato che nel corso degli anni Licata ha reinvestito nel Delfino e in Roof Garden somme derivanti da truffa allo Stato per 4.300.000,00 euro circa nel periodo dal 2007 al 2009, rendendosi responsabile di ulteriori condotte criminali quali la truffa e la malversazione in riferimento a finanziamenti richiesti dalle società nell’ambito di un progetto Fesr Sicilia 2007/20013. Secondo quanto affermato dagli inquirenti si parla di “… un lungo curriculum criminale” del Licata.

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