Trapani, Castelvetrano e il tempo dei commissari

Vincenzo Figlioli

Marsala

Trapani, Castelvetrano e il tempo dei commissari

Condividi su:

martedì 27 Giugno 2017 - 06:20

Poco meno di due mesi fa, a Castelvetrano e a Trapani si stavano ultimando i dettagli finali in vista della presentazione delle liste. Ci si aspettava una campagna elettorale dai toni accesi, tra sfidanti che avevano maturato ragioni diverse per guardarsi in cagnesco. Ma la realtà è andata ben oltre l’immaginazione, consegnando alle comunità di Trapani e Castelvetrano uno scenario che ha tutti i crismi di uno psicodramma collettivo. Commissariato per infiltrazioni mafiose, a pochi giorni dal primo turno elettorale, il Comune guidato fino a qualche mese fa da Felice Errante. Commissariato per un mix di cause diverse il capoluogo, dilaniato dalle inchieste e provvedimenti giudiziari che hanno travolto il senatore Antonio D’Alì e l’ex sindaco Mimmo Fazio, con quest’ultimo protagonista del gancio finale, con la rinuncia alla designazione degli assessori dopo il primo turno elettorale, una scelta che ha soffocato sul nascere la speranza di avere un ballottaggio normale, che avrebbe restituito alla città un sindaco con pieni poteri.

L’esperienza di questi anni ha insegnato che purtroppo le gestioni commissariali non producono effetti positivi. Marsala, in tempi recenti, ne ha vissute due: molto politicizzata la prima, nel 2001, quando Salvatore Lombardo si dimise per candidarsi alla Camera e la Regione inviò Antonino Iemmola; decisamente più tecnica quella del 2014, con il funzionario regionale Giovanni Bologna nominato in seguito alle dimissioni di Giulia Adamo: un burocrate preparato, che però a Marsala si fece vedere pochissime volte. In entrambi i casi, la città visse un periodo di stallo, la mancanza di un indirizzo politico fu vista come un pretesto per rinviare a tempi migliori le decisioni e i provvedimenti più importanti, ma anche i pagamenti delle spettanze dovute ai fornitori privati. Ad averne un vantaggio, come sempre, i professionisti delle emergenze, bravi ad infilarsi nei varchi giusti per portare acqua al proprio mulino. Anche ad Alcamo, le recenti dimissioni di Sebastiano Bonventre (2015) hanno portato ad un commissariamento e ad una fase di stallo a cui l’attuale sindaco Domenico Surdi ha fatto più volte riferimento dopo il suo insediamento. Poi ci sarebbe anche la questione della Provincia Regionale di Trapani, commissariata dal 2012, con un via vai di dirigenti, prorogati o sostituiti dal governo Crocetta: una stagione che difficilmente potrà essere ricordata come un’età dell’oro e del buon governo, anche perchè alcuni tra i commissari nominati non hanno avuto neanche il tempo di capire di cosa si sarebbero dovuti occupare…

L’augurio che personalmente mi sento di fare ai cittadini di Trapani e Castelvetrano è di rendere fruttuoso l’anno di limbo che li attende, costruendo davvero un’idea di città e di amministrazione alternativa rispetto al recente passato. Serve un ricambio generazionale, che parta dai giovani che sono rimasti nella loro terra e da quelli che sarebbero disponibili a tornare, se si realizzassero le giuste condizioni. E’ tempo di superare la logica della delega in bianco ai soliti noti o del “chi me lo fa fare”. Troppo spesso abbiamo visto ventenni e trentenni in processione verso il potente di turno alla ricerca di un posticino da custodire gelosamente all’ombra del potere. Troppo spesso li abbiamo visti sedotti e abbandonati sul più bello. E troppo spesso abbiamo visto far carriera i meno capaci, quelli su cui non avremmo scommesso “due lire”, ma che hanno sopperito alla mancanza di talento con una robusta predisposizione alla servitù nei confronti dei capi. Difficile farne una questione di sigle politiche nazionali, qui c’è ben altro in ballo: c’è il futuro di un territorio di una bellezza struggente, che non può essere il Paradiso dei turisti e l’Inferno dei residenti.

Se, viceversa, questi mesi di commissariamento serviranno a ridare fiato a quei pezzi di potere che si sono trovati in difficoltà, saremo di fronte all’ennesima occasione perduta e sarà difficile non citare il solito Leonardo Sciascia e il suo teorema sull’irredimibilità del popolo siciliano.

Condividi su: