Un condono chiamato pace

Vincenzo Figlioli

Marsala

Un condono chiamato pace

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giovedì 27 Settembre 2018 - 06:55

“L’onestà tornerà di moda”, annunciavano anni fa gli attivisti del Movimento 5 Stelle, immaginando che un loro approdo al governo avrebbe reso l’Italia un’Eden libero da mafie, corruzioni e illegalità.. Sarà probabilmente per questa ragione che il condono a cui sta lavorando il governo Conte, di cui i pentastellati restano azionisti di maggioranza, ha assunto il nuovo e romantico appellativo di “pace fiscale”. Non sono ancora del tutto chiari i termini di questa misura economica, spesso utilizzata per recuperare un po’ di liquidità da quei contribuenti che hanno accumulato anni e anni di evasione fiscale. Fatto sta che la sua approvazione appare scontata, come più volte annunciato in queste settimane.

Piccola premessa: in astratto il condono è uno strumento odioso, che mortifica i cittadini che hanno pagato regolarmente le tasse a vantaggio di chi ha pensato di fare il “furbo”, nella speranza di farla franca. Va tuttavia riconosciuto che, come extrema ratio, ci sono momenti storici in cui può avere un senso ricorrervi: ad esempio, nei periodi di maggiore crisi economica e quando a beneficiarne sono quei cittadini che per ragioni oggettive (basterebbe controllare l’indice Isee per rendersene conto) non sono in condizione di pagare le tasse. Il condono, inoltre, andrebbe preso in considerazione con molta moderazione. In Italia, invece, da trent’anni a questa parte, la politica condonista è stata una costante. Ce n’erano stati un paio all’inizio degli anni ’70 e con il governo Spadolini. Ma fu con l’esecutivo guidato da Bettino o Craxi nel 1985 che si indicò una direzione che, periodicamente, è stata ripresa da altri Consigli dei Ministri, sia in materia fiscale che in quella edilizia. A volte i condoni hanno effettivamente portato cospicue entrate nelle casse dell’erario, altre volte si sono trasformati in veri e propri buchi nell’acqua. In ogni caso, hanno favorito evasione e abusivismo. Di fatto, ogni condono ha finito per generare la promessa di un altro condono. E così di seguito, ad ogni tornata elettorale.

Mettetevi nei panni di un evasore seriale: “se, male che vada, ogni dieci anni mi cancellano interessi e more sulle tasse che non ho pagato, perché dovrei privarmi dei miei soldi quando magari mi servono per comprare investire sulla mia azienda, comprarmi un’auto nuova o andarmene in vacanza su un’isola esotica? Avrò tempo per mettermi in regola, se proprio devo”. Un “governo serio”, per citare un aggettivo recentemente usato dal vicepremier Luigi Di Maio, dovrebbe trovare la forza di interrompere la spirale condonista e provare soluzioni diverse per risanare i conti, limitare l’evasione e favorire l’occupazione. Altrimenti, si finirà per fare esattamente quello che hanno fatto gli altri vituperati governi (soprattutto quelli di centrodestra, a dire il vero) e il prossimo passo sarà il rientro dei capitali dall’estero o una nuova sanatoria edilizia. Nel frattempo, la pressione fiscale resterà ancora sopra la media europea, così come il costo del lavoro e della burocrazia. E “la signorina onestà” continuerà ad attendere, malinconicamente, che ritorni il suo tempo.

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