Castelvetrano, associazione che accoglie donne in difficoltà resta senza sede. L’appello della presidente Agueli

redazione

Castelvetrano, associazione che accoglie donne in difficoltà resta senza sede. L’appello della presidente Agueli

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mercoledì 16 Ottobre 2019 - 06:32

Una strage senza fine. I numeri delle donne ammazzate dai mariti, dagli ex fidanzati e dai compagni che non si rassegnano alla fine di una relazione, sono un bollettino di guerra. È quasi sempre la stessa storia, la coazione a ripetere di un gesto estremo che chiude la bocca per sempre alla donna che ha osato scegliere di andarsene, che ha avuto il coraggio di mettere fine a una relazione ormai finita. “D’amore” continuano a morire le donne, vittime di “amori malati”, di maschi che vogliono cristallizzare, nella morte, l’attimo prima dell’abbandono perché non sanno metabolizzare la fine di una storia e l’inizio di una vita diversa.

Dall’inizio dell’anno sono state uccise una trentina di donne, trucidate con coltelli e pistole oppure strangolate, sfregiate e lasciate inermi per terra. Sono quasi sempre donne punite per il loro coraggio, per la voglia di riacquistare la libertà perduta, che avrebbero voluto riappropriarsi della propria identità e avere la possibilità di cambiare vita.  Sono martiri di un tempo che scorre a due velocità. Il passo evolutivo femminile, sempre proiettato in avanti, spesso non coincide con quello di alcuni uomini ancorati a retaggi culturali dove lo spazio “femminile” è ridotto, limitato in una allocazione prettamente “casalinga” e sottomesso ad un ruolo non più accettabile.

In prima linea nella difesa delle donne in difficoltà è l’Associazione Palma Vitae, la cui presidente è la psicologa castelvetranese Giusy Agueli, che da anni si batte per la divulgazione della “rinascita” femminile.

Dottoressa Agueli, da anni sul campo di battaglia per la difesa delle donne. Molta strada fatta e tanta ancora da percorrerne. Ci parli della sua Associazione e dei problemi che state affrontando.

Palma Vitae è un’associazione che si occupa nel territorio di donne vittime di violenza o comunque in difficoltà. Siamo presenti da più di 5 anni, prima con una serie di attività di promozione e sensibilizzazione culturale sul territorio e poi da 3 anni anche con uno sportello di ascolto che è stata la naturale evoluzione di un percorso. L’amministrazione comunale di Castelvetrano, allora presieduta dal sindaco Felice Errante, nel 2015, si mostrò sensibile a questa nostra richiesta e dunque mise a disposizione un locale in pieno centro, facilmente raggiungibile, una sede dove abbiamo fino a poco tempo fa ascoltato ed accolto le donne in difficoltà.

Giusy Agueli

Giusy Agueli

Non è più così, dottoressa?

Stiamo vivendo un periodo difficile, di attesa, anche. Nel 2015 ci venne assegnata una sede dove abbiamo anche creato un’attività di laboratorio creativo che ha consentito ad alcune donne di intraprendere un percorso di rinforzo e di mettere in pratica le capacità che già possedevano e acquistare anche una nuova visione della vita. Hanno appreso di saper fare e saper essere. Soltanto così potevamo sperare che prendessero consapevolezza dell’importanza di agire una scelta di cambiamento difficile come quella di denunciare un marito violento e poter dunque cambiare vita. Noi non lavoriamo soltanto con donne vittime di violenza ma anche con donne che attraversano un periodo di difficoltà. Poi le cose sono cambiate. Castelvetrano purtroppo ha vissuto un periodo di vicissitudini politiche e abbiamo avuto il commissariamento. Devo dire però che anche durante il periodo della commissione straordinaria, abbiamo ricevuto apprezzamenti e sostegno. Ci hanno sempre incitati ad andare avanti e condiviso la nostra progettualità. Adesso abbiamo una nuova amministrazione e stiamo avendo qualche piccolo problema.

In che senso, ci spieghi?

Premetto che la nostra associazione è apolitica e il nostro intento è quello di aiutare le donne in difficoltà e non ci interessa alimentare polemiche strumentali per battaglie politiche non nostre. Detto questo, non possiamo più usare la sede in cui finora abbiamo lavorato e accolto le donne perché questo locale che ci era stato affidato sarà utilizzato per un’altra progettualità del Comune.

Siete stati sfrattati dunque?

Per volontà espressa dai servizi sociali, adesso vogliono realizzare lì un centro per la famiglia e questo non si concilia con la nostra presenza. Quando ci hanno affidato questa sede, è stato con uno spirito di collaborazione con altre associazioni e con altre realtà e quindi noi abbiamo sempre condiviso l’idea di condividere anche gli spazi. Abbiamo sempre pensato che dalla collaborazione e dall’unione si possa fare sempre di più e meglio.

Dunque siete in cerca di una nuova sede per l’associazione Palma Vitae?

Sì. Il Comune ci ha chiesto di lasciare liberi i locali e dinnanzi a questa richiesta non possiamo far altro che andarcene. Abbiamo chiesto però all’Amministrazione di trovare un’alternativa. Di fatto, per ora, non sappiamo dove andare proprio ora che il nostro laboratorio artigianale era in piena produzione.

Cosa create in questo laboratorio?

Abbiamo iniziato anni fa con un laboratorio di cucito creativo e adesso il fiore all’occhiello sono le” Palma Bags”. Le borse, come si sa, sono oggetti che identificano l’essere femminile, sono quasi un’estensione della donna. La borsa e quello che vi si trova dentro, in un certo senso identificano la donna che la possiede. Le nostre borse, le Palma Bags sono molto apprezzate. E adesso invece, stiamo registrando una battuta d’arresto, siamo bloccate infatti.

Il nuovo sindaco, Enzo Alfano, esponente dei Cinque Stelle, vi ha già promesso qualcosa? Si è già impegnato ad aiutarvi?

Sì, ci ha detto di voler trovare per noi un’altra soluzione. Ad oggi però non c’è ancora nulla. Io ho dato un tempo all’amministrazione perché l’emergenza non finisce mai. Sottolineo che qualsiasi tipo di attività sociale va sempre bene ed è meritoria ma anche noi non possiamo aspettare troppo.

Nel frattempo però vi date molto da fare, giusto?

Sabato scorso abbiamo avuto un incontro con l’avvocato La Scala che è il presidente nazionale dell’Associazione Gens Nova che si occupa della violenza di genere compreso il bullismo. La Scala e la sua associazione hanno intravisto nel territorio e in noi un’associazione molto attiva nel lanciare questo messaggio. Abbiamo iniziato questa collaborazione che ad oggi si è concretizzata con un protocollo d’ intesa firmato sabato. Gens Nova è un’associazione nazionale e l’avvocato La Scala è il legale di riferimento della trasmissione Chi l’ha visto? .

Questo riconoscimento e l’interesse suscitato da parte dell’avvocato La Scala è per voi la conferma che state lavorando bene?

Sì, per noi è un onore e un grande prestigio poter collaborare con questa associazione nazionale. Questo è per noi il segnale di una crescita costante e la soddisfazione di poter portare sul territorio delle risorse così importanti. Lui è il promotore di tanti disegni di legge fra cui “Codice rosso” ed è venuto qui, a Castelvetrano, a spiegare meglio quali sono le novità portate da questa legge, in verità non tantissime come lui stesso ha sottolineato. Se ne fa un gran parlare ma alle parole devono seguire i fatti. Serve una velocità di intervento per salvare le vite delle donne.

Tutto dunque molto bello, ma…

Purtroppo, allo stato attuale, non possiamo accogliere le donne in difficoltà perché lo sportello d’ascolto è chiuso. Le donne si aiutano anche dando loro un luogo fisico, tangibile, un luogo dove potersi confrontare, mettere ordine alla propria vita, ai propri pensieri e maturare il coraggio di poter fare una scelta e prendere una decisione. Stare anche insieme ad altre donne è importante. Non possiamo fermarci, né abbassare la guardia. Guardi, ricordo a tutti che Sabato notte c’è stato l’ennesimo femminicidio. Una madre e due figlie uccise a Foggia dalla pistola d’ordinanza di un agente della polizia penitenziaria, marito e padre delle tre vittime. Uno stillicidio costante a cui non possiamo abituarci. Non possiamo permetterci tregue né tempi di attesa. Il fenomeno è costante, grande e veloce e noi dobbiamo dare risposte così immediate

La tempistica dunque è fondamentale?

Se una donna riesce a trovare il coraggio di uscire da casa, raggiungere il nostro sportello e chiedere aiuto, dobbiamo cogliere quell’attimo. Se trova chiuso, il rischio è che la donna ci ripensi e torni alla “sua” vita fatta di violenze anche psicologiche. Ha raccolto tutta sé stessa ed ha chiesto aiuto, dobbiamo esserci in quel momento.

Lo sportello era sempre aperto?

_Due volte a settimana, il lunedì e il giovedì. Abbiamo un numero di telefono attivo 24 ore su 24 che le donne possono comporre per chiedere aiuto e ci attiviamo subito. Una volta una donna ha chiamato all’una e mezza dicendo che era stata minacciata dal marito con un coltello. Era scappata da casa ed era in stato confusionale. Non sapeva dove andare e cosa fare. L’abbiamo portata in sede e l’abbiamo calmata aiutandola a capire cosa occorresse fare. Non dobbiamo dimenticare che a Castelvetrano, lo scorso marzo, una donna è stata uccisa dal marito che poi si è suicidato. Il nostro è dunque un territorio ferito. Oggi se una donna chiama io non posso offrire il servizio.

Quale è secondo lei, dottoressa, la causa di questa escalation violenta?

C’è stata una evoluzione culturale per quanto riguarda la consapevolezza dell’essere donna e questa cosa non sta avvenendo di pari passo per l’uomo. Non stiamo assistendo alla stessa progressione culturale, quindi. E’ ovvio che non per tutti gli uomini è così. E’ per fortuna un piccola parte che non si evolve, che non accetta questo e resta ancorata a degli schemi, a degli stereotipi comportamentali che vedono l’uomo in certe modalità. A volte si tratta di difficoltà affettive, di incapacità a superare l’abbandono, la fine di una relazione. A volte l’uomo non è capace di ricominciare e reagisce con violenza piuttosto che gestire la fine di una relazione.

Quindi anche l’uomo o forse soprattutto dovrebbe essere aiutato?

Infatti noi svolgiamo delle attività che sono rivolte soprattutto al mondo maschile. La presenza degli uomini nei nostri eventi è una costante e ci dà il segno che siamo nella direzione giusta. Non possiamo parlare solo a noi stesse, non otterremmo nessuno scopo. Ci vuole comunque un’azione congiunta. Le madri dei figli maschi dovrebbero insegnare loro il rispetto per le donne. Anche la scuola dovrebbe svolgere un’azione educativa in questo senso. Anche la politica deve giocare un ruolo importante. Una sinergia dunque costruttiva.

Noi donne siamo abituate a gestire l’abbandono fin dalla notte dei tempi. Questo ci aiuta a metabolizzare?

Sì, è vero. Infatti quando aiutiamo le donne a riappropriarsi del proprio essere diciamo loro che le scelte che faranno sono “utili” anche per l’esempio che danno ai loro figli. Il messaggio che finora è passato è “io resisto, io soffro  per garantire una famiglia ai miei figli”.  Ma che buon esempio è? Come loro svilupperanno la loro vita affettiva, la loro capacità di relazionarsi con l’altro sesso, dipende dall’esempio che hanno vissuto in famiglia.

La famiglia aiuta, secondo lei, la donna, la figlia in difficoltà?

La cosa più sconvolgente è che ad oggi ci ritroviamo a ricevere richieste da parte di donne che devono lottare contro il femminile della loro famiglia, con la madre in primis che spesso consiglia di lasciar perdere, di sopportare, di comportarsi come essa stessa si è comportate. Un retaggio culturale da cui bisogna liberarsi. È difficile lo so, sottrarsi al condizionamento familiare materno.

Quanto peso ha l’indipendenza economica femminile sulla scelta di poter veramente cambiare vita, lasciando tutto per cambiare tutto?

Direi che è fondamentale l’indipendenza economica. Qua da noi fa la differenza. Nel nostro territorio è un’aggravante, un elemento in più perché qui le donne non hanno quel grado di autonomia che consente loro di fare scelte difficili di cambiamento.

In sintesi, Giusy Agueli, che tipo di appello fa a questa amministrazione?

Siamo aperti a tutto e pronti ad accogliere le proposte ma ricordo che noi siamo un’associazione di volontari ai quali non si può chiedere di pagare l’affitto di una sede o a mettersi sulle spalle delle utenze mensili. Il sindaco dice che c’è un dissesto finanziario e che quindi ha le mani un po’ legate per poter sostenere le spese fondamentali. La nostra condicio sine qua non però è questa.

Qualcuno vi ha chiesto di pagare l’affitto o di far pagare un contributo alle donne che aiutate?

Questo servizio offerto deve mantenere la gratuità altrimenti non ha senso. La nostra è un’associazione senza scopo di lucro e non abbiamo un budget da cui potere attingere per affrontare delle spese.

Dica la verità, Agueli, forse qualcuno ha pensato che potreste autosostenervi con la vendita delle deliziose “Palma Bags?

Sì, molti lo dicono. Noi però siamo stati sempre chiari e trasparenti. A parte il fatto che una nostra borsa ha un prezzo veramente sociale. Noi non abbiamo partita Iva e il nostro è un prodotto che noi offriamo a chi fa una donazione alla nostra associazione, soldi che vanno a sostegno delle donne. Dal ricavato di questa offerta ne togliamo le spese, i costi cioè del materiale per realizzarla e il resto va alle donne. A noi interessa che il nostro messaggio venga divulgato, non è una questione di guadagno. La cosa che fa amarezza è dover dimostrare la correttezza, la bontà degli intenti, l’autenticità che ci contraddistingue.

Avete inaugurato sabato scorso una nuova linea di borse che è possibile trovarle in un negozio di Mazara, è così?

Sì, abbiamo proposto le coffe invernali e la madrina d’eccezione è stata la nostra Luana Rondinelli che ha proposto un monologo ripreso da Taddarite e riadattato per le Palma Bags. Lo ha fatto con il modo speciale che sa fare lei, con la sue emotività, la sua bravura, la sua capacità di capire ed interpretare il mondo femminile. Quando senti Luana non puoi non sentire un brivido dentro.

Qual è il messaggio che vuol dare per concludere?

Opponiamoci a questo bollettino di guerra. Ribelliamoci al principio della rana bollita che pian piano si abitua al tepore dell’acqua e sopporta il calore che aumenta senza rendersi conto che questo la ucciderà e che quando se ne accorge, oramai è troppo tardi. Saltiamo fuori dalla pentola prima. La violenza di genere non ha attenuanti né giustificazioni. Difendiamo la libertà. La consapevolezza di essere, di esistere, di avere valore, di poter cambiare vita senza per questo essere uccise. Sento che sarà per noi un momento di rinascita. Non so dove ma sarà così. La Palma, che è il nostro simbolo, significa questo.

Tiziana Sferruggia

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