I Beatles “jazz” di Pantaleo e Bertuglia in un disco per dire “grazie”

redazione

I Beatles “jazz” di Pantaleo e Bertuglia in un disco per dire “grazie”

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venerdì 20 Ottobre 2017 - 07:30

“Thanks!… Chi ha detto Beatles?”… sicuramente il Duo di Picco, ovvero i musicisti marsalesi Michele Pantaleo e Giacomo Bertuglia. Portando in giro nei live i brani che hanno fatto la storia di sir Paul McCartney, John Lennon, George Harrison e Ringo Star, hanno voluto omaggiarli in maniera modesta ma al tempo stesso personalizzata. Perchè Pantaleo e Bertuglia non possono esimersi dall’infondere al beat, il padre del pop, le sonorità jazz. E sfornano un “grazie” come un abbraccio collettivo, dicono, e rispettoso, diremo noi, agli “scarafaggi” di Liverpool, per tutto quello che hanno dato e danno ancora alla musica.

Si inizia con “Penny Lane” che si muove leziosa, a piccoli passi, dove il basso risulta martellante ed invece è più morbido e sinuoso in “The fool on the hill”, mentre la 6 corde di Pantaleo si concede una bossa nel finale. E’ in “Norvegian wood” però, che si vira verso un mood sempre jazzato ma sospettoso, pronto anche a stravolgere “Hey Jude”, il brano che McCartney dedicò a Julian, il figlio maggiore di Lennon, resa molto trasognata. Sin dalle prime note, “Strawberry Fields Forever” mantiene la sua riconoscibile melodia. Poi l’elettrica, tra un armonico e una nota vibrata, si concede dei giochi ipnotici. Arpeggiata è “Let it be”, uno dei brani più “inflazionati” per così dire dei Beatles e quindi proprio per questo di non facile esecuzione. Il brano corre il rischio di essere un po’ conformista, ma l’aurea jazzata lo salva e il Duo di Picco “lascia che sia”… un viaggio, non solo mentale, nei ’60, quando i Fab Four erano all’apice del loro successo. Così “Day Tripper” è ritmicamente cadenzata, dove è il lavoro del basso il marchio di fabbrica del brano e Bertuglia lo mantiene in pieno. Ma sul finale una chicca che diverte: qualche nota dello storico riff di “Black Night” dei Deep Purple.

Un piccolo medley della stupenda “Don’t let me down” e di “Here there and everywhere”, a voler scoprire i Beatles più maturi. Qui maggiormente si apprezza il lavoro fatto in studio ed il mix di Antonio La Rosa che dà vigore al brano strumentale. “Something” è inequivocabile e bella come sempre, anche nelle corde di Pantaleo e Bertuglia che si lasciano trasportare e trasportano concedendo qualche nota di “Here comes the sun”. La stravagante storia di “Get back” prende vita e colore “grazie” anche ai “rivali” – ma solo per certa stampa – Rolling Stones e alla loro “Satisfaction”. Un cavallo di battaglia nei live del Duo di Picco è “Come Togheter”, resa più briosa e meno sensuale dell’originale. Piacevole l’assolo di chitarra ma ancora una volta i musici rendono il brano una mappa da scovare. Il disco si chiude con “The long and winding road”, una strada tortuosa e appassionata come la storia dei Beatles e come l’intima interpretazione donata dai nostri… “Thanks!…”

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