Il latte sardo e il vino siciliano

Vincenzo Figlioli

Marsala

Il latte sardo e il vino siciliano

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giovedì 14 Febbraio 2019 - 06:27

Scorre per le strade il latte ovino dei pastori sardi. Scorre bianco, come fosse schiuma di rabbia da cospargere lungo curve e rettilinei per giungere fino ai palazzi del potere. Glielo pagano sempre meno, come se non fosse uno tra i più preziosi degli alimenti, come se non fosse un pezzo di storia e civiltà, tramandato da generazioni. Il latte è vita per chi lo beve, ma anche per chi lo produce. Almeno, finché quello che i cronisti definiscono “mercato” (che poi è frutto di scelte meramente umane) non ha deciso che va pagato agli allevatori anche meno di 60 centesimi al litro. Impossibile, a questo punto, rientrare dai costi di produzione. E allora da circa una settimana i pastori stanno dando vita a una protesta che ha incassato diverse dimostrazioni di solidarietà anche da parte di altre categorie produttive e dagli studenti. Nelle ultime ore anche la politica nazionale si sta accorgendo di quanto sta accadendo sull’isola, dove peraltro si voterà il prossimo 24 febbraio per il rinnovo del Governo e del Consiglio regionale. Difficile prevedere a questo punto cosa accadrà nei prossimi giorni.

Quello che accade ai pastori sardi con il latte ovino autorizza un inevitabile parallelismo con il mondo vitivinicolo. Come l’allevamento per la Sardegna, l’agricoltura è notoriamente l’asse portante dell’economia siciliana. Ma in questi anni abbiamo visto tanti, troppi piccoli produttori abbandonare i propri vigneti, vendere i catastini o rassegnarsi ai capricci di un mercato che in provincia di Trapani paga ogni anno di meno l’uva raccolta e conferita presso le cantine del territorio. In qualche occasione, abbiamo assistito a manifestazioni di protesta che si sono rivelate per lo più estemporanee, producendo pochi risultati concreti. La sensazione, però, è che si stia raggiungendo il punto di rottura e che le nostre strade potrebbero presto riempirsi di grappoli d’uva e di fiumi di mosto esattamente come sta avvenendo in Sardegna. Le responsabilità sono varie e diffuse, ma la politica ha il dovere, in un sistema a economia mista, di seguire con attenzione i processi in corso, individuare criticità e suggerire soluzioni. Così come magistratura e forze dell’ordine avrebbero il dovere di condurre mirate azioni penali laddove si ritiene che si annidino ingerenze della criminalità organizzata in modo da alterare la libera concorrenza e l’economia di mercato a beneficio di determinati gruppi, che nel tempo hanno assunto posizioni dominanti in quello che appare a tutti gli effetti un regime di oligopolio. L’impressione è che troppo poco si sia fatto negli anni su questi fronti, nonostante appelli e denunce (qualche anno fa se ne occupò anche il coordinamento provinciale di Libera, presentando un corposo dossier). L’auspicio è che le immagini provenienti dalla Sardegna stimolino, seppur con notevole ritardo, un cambio di rotta anche da queste parti. In caso contrario, prepariamoci a vedere le nostre strade cambiare colore.

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