La Liberazione, Salvini e Castelvetrano

Vincenzo Figlioli

Marsala

La Liberazione, Salvini e Castelvetrano

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mercoledì 24 Aprile 2019 - 06:30

C’è una giornata che più di ogni altra dovrebbe unire gli italiani: il 25 aprile. Settantaquattro anni fa, il nostro Paese si liberava dall’occupazione nazista di buona parte del suo territorio e della dittatura fascista che lo aveva spinto tra le braccia del Fuhrer Adolf Hitler. Di lì a poco, la scelta referendaria archiviò la monarchia sabauda, complice del Ventennio e silente sulle leggi razziali, per dare inizio alla Repubblica. Non tutto è andato come i partigiani avrebbero auspicato: tanti sono stati gli eventi tragici e le pagine oscure, diffuso il mal costume della classe dirigente. Eppure, resta intatta la certezza che con tutti i suoi difetti, la vittoria delle forze democratiche sia stata la cosa migliore che potesse accadere al nostro Paese.

Tuttavia, il 25 aprile continua ad essere ogni anno oggetto di polemiche e contestazioni. L’ultima, in ordine di tempo, è firmata dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini, che per compiacere i nostalgici del regime o le nuove formazioni di estrema destra, annuncia che non parteciperà alle celebrazioni della Liberazione, preferendo recarsi a Corleone per sostenere le forze dell’ordine che combattono contro la mafia. Poi, già che ci siamo, si sposterà il 26 a Mazara per un comizio a sostegno del candidato sindaco leghista Giorgio Randazzo.

Allo stato attuale, non risulta una tappa a Castelvetrano. Eppure sarebbe di passaggio, tra Corleone e Mazara. E sarebbe il luogo ideale in cui un Ministro dell’Interno dovrebbe immaginare di andare non tanto per influire sulla campagna elettorale in corso, ma per rappresentare lo Stato. Lì dove c’è una comunità umiliata e offesa dall’onta dello scioglimento per infiltrazioni mafiose dell’amministrazione comunale e da due anni di commissariamento, lo Stato dovrebbe manifestarsi in questi giorni con la propria autorevolezza, dimenticando bandiere e appartenenze. C’è un patrimonio di donne e uomini che hanno resistito per anni alle seduzioni del potere e ai ricatti mafiosi, convinti che il tempo avrebbe dato loro ragione. Non basta dire che fanno schifo i boss corleonesi o gli sgherri che hanno sciolto il piccolo Giuseppe Di Matteo nell’acido. Quello lo sanno fare anche i bambini alle recite scolastiche. Occorre essere consapevoli di quello che continua a succedere sui nostri territori e fare sentire la presenza e il supporto delle istituzioni a chi ha saputo dire no a cosche e logge deviate. E’ a queste persone che un Ministro dell’Interno dovrebbe parlare, se davvero vuole lasciare un segnale importante. In caso contrario, resterà la sensazione dell’ennesima trovata mediatica che nulla ha a che fare con alcuna lotta di liberazione dai fascismi di ieri o di oggi.

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