L’esercito degli insospettabili

Vincenzo Figlioli

Marsala

L’esercito degli insospettabili

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giovedì 15 Dicembre 2016 - 06:43

C’è un aspetto che mi ha colpito molto della serie tv “La mafia uccide solo d’estate” che Rai Uno sta trasmettendo in queste settimane: la chiarezza con cui si racconta come le nostre vite incontrino quotidianamente Cosa Nostra. Gli autori hanno infatti opportunamente rinunciato a rappresentare il contesto siciliano secondo una divisione manichea tra buoni e cattivi, ponendo intorno ai Giammarresi – una famiglia come tante – una frotta di parenti, compagni di classe, fidanzati, colleghi che, in qualche modo, hanno a che fare con la mafia. Non necessariamente c’è un’affiliazione diretta, ma c’è un atteggiamento di strisciante apertura che nel nome di un posto di lavoro o di una raccomandazione può trasformarsi in piena disponibilità. Ed è proprio quest’atteggiamento, già oggetto di numerose pubblicazioni sulla “borghesia mafiosa”, che continua a tenere in vita Cosa Nostra e a far sì che ancora oggi, in un contesto temporalmente diverso da quello in cui è ambientata la serie tv scritta da Pif (tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80) le scelte di tanti cittadini siciliani continuino ad andare in una certa direzione.

Prendiamo la vicenda di Castelvetrano che raccontiamo in cronaca: ancora una volta, non si parla di mafia agraria, né di allevamenti o pastorizia. C’è un imprenditore che utilizza le sue aziende per alimentare gli affari del clan Messina Denaro, un suo dipendente che tiene i contatti con l’ufficio tecnico e un paio di funzionari comunali che indirizzano le gare d’appalto in un certo modo. In mezzo ci sono anche altri quattro imprenditori collusi, per i quali è stato disposto il divieto di praticare attività di impresa. Un sistema che va avanti nonostante le operazioni antimafia abbiano fatto “terra bruciata” intorno a Matteo Messina Denaro, i cui interessi continuano però ad essere alimentati del fondamentale contributo di soggetti “insospettabili”, divenuti complici per calcolo, ambizione o semplicemente per paura. Poi ci sono quelli che fanno finta di non accorgersi di nulla. C’erano trent’anni fa e ci sono ancora adesso. Accettano ingiustizie, soprusi e clientelismo senza proferire parola, sentendosi “vasi di coccio tra vasi di ferro” e magari invidiando chi, nella loro mentalità, “ha il coraggio di rischiare”. Non sono molto diversi da quegli “insospettabili” arrestati: semplicemente non si sono mai ritrovati nella condizione di chi è chiamato a una scelta. E’ a loro, oltre che alle fasce che vivono con maggiore disagio l’emergenza sociale di questi tempi, che le istituzioni dovrebbero rivolgersi con più convinzione per sottrarre risorse e spazi preziosi per Cosa Nostra. Viceversa, l’esercito degli “insospettabili” continuerà ad autogenerarsi all’infinito.

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