Processo Perricone: concluso il controesame della liquidatrice della Cogem

redazione

Processo Perricone: concluso il controesame della liquidatrice della Cogem

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martedì 17 Luglio 2018 - 23:22

La teste Anna Maria Emmolo è stata interrogata ieri per più di tre ore dai difensori dell’ex vicesindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, e della cugina, Mary Perricone, nel corso dell’udienza che si è tenuta nell’aula Alberto Giacomelli del tribunale di Trapani. La signora Emmolo, durante l’esame, non ha voluto rivelare il nome di un confidente, oggi defunto. Decisione che la espone a quanto previsto dagli obblighi dei testimoni.

È terminato ieri l’interrogatorio di Anna Maria Emmolo, la liquidatrice della Cogem s.r.l. facente parte dell’ATI (Associazione Temporanea di Imprese) che nel 2005 si aggiudicò la gara d’appalto per i lavori di ampliamento del porto di Castellammare del Golfo, poi, sequestrato dalla guardia di finanza nel 2010. Esecutrice dei lavori era la Cea, associata della capogruppo Coveco, che secondo la magistratura trapanese sarebbe stata gestita occultamente da Pasquale Perricone, ex vicesindaco di Alcamo, imputato nel processo per diversi reati, tra cui associazione a delinquere e bancarotta fraudolenta. Coimputati nel procedimento giudiziario in corso, scaturito dall’inchiesta “Affari Sporchi” del 2016, sono la cugina, Girolama Maria Lucia Perricone, detta Mary, la sodale Marianna Cottone e il funzionario del centro dell’impiego di Alcamo, Emanuele Asta. Davanti al collegio giudicante, presieduto dal dottore Piero Grillo e dai giudici a latere, le dottoresse Roberta Nodari e Chiara Badalucco, si è svolto, dunque, il controesame della difesa rappresentata dall’avvocato Giuseppe Junior Ferro, legale di Mary Perricone, e dal dottore Giuseppe Benenati, avvocato dell’ex esponente del PSI alcamese. Durante la scorsa udienza (qui il resoconto), si era tenuto l’interrogatorio del pubblico ministero, la dottoressa Rossana Penna, ieri assente in aula e sostituita da una collega, la dottoressa Francesca Urbani. La prima parte del controesame della difesa è stata effettuata nella mattinata di ieri dall’avvocato Ferro. In particolare, alla teste sono stati chiesti i motivi delle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria nel corso del 2014. Anna Maria Emmolo, sorella dell’imprenditore Vito Emmolo, fondatore della COGEM, ha raccontato di essere stata sentita la prima volta dalla magistratura trapanese per la questione inerente il martellone di proprietà della Nettuno, depositato nei magazzini dell’impresa del fratello, amministrata dal nipote, che avrebbe dovuto essere tra i beni inventariati a seguito del fallimento della stessa. La seconda volta, invece, la teste è stata ascoltata dal pubblico ministero in merito alla lettera minatoria trovata sul parabrezza della sua auto. Inoltre, Annamaria Emmolo ha ribadito di essere venuta a conoscenza della situazione critica dell’impresa del fratello subito dopo il sequestro del porto, quando lo stesso aveva cominciato ad accusare malessere, chiedendogli di visionare il bilancio c.d. di massima della Nettuno. Dal 2011 la teste è anche liquidatrice della società COGEM.

Successivamente, la signora Emmolo è stata invitata dall’avvocato Junior Ferro ad esporre i rapporti tra il gruppo Emmolo e la Cea.

I rapporti tra il gruppo Emmolo e la Cea

La teste, nel corso del controesame, ha ancora una volta tenuto a precisare che i legami tra le succitate società vanno distinti, in quanto solamente l’impresa del fratello di Anna Maria Emmolo, la Cogem, ha avuto rapporti di lavoro con la società riconducibile, secondo l’accusa, a Pasquale Perricone, il quale l’avrebbe gestita occultamente per l’appunto. Detti rapporti sono cominciati negli anni ’90 per via degli agganci della CEA con le cooperative del nord Italia, come il Consorzio Ravennate, che attraevano la Cogem di Vito Emmolo, il quale era interessato a partecipare ai grandi appalti. I rapporti tra le due imprese, dunque, si sono succeduti nel tempo a causa di collaborazioni per l’aggiudicazione dei lavori di importanti opere pubbliche. L’appalto del porto di Pantelleria, tra il 1996-1997, ad esempio, è stato uno di quelli al centro dell’interrogatorio della teste da parte dei due difensori succitati. Per la partecipazione a detta gara d’appalto, nell’ambito dell’interrogatorio, è venuto fuori che è stata costituita un’ATI formata dal CMC (Consorzio Muratori Cementisti), dalla Cea e dalla Cogem, che detenevano, rispettivamente, le quote del 45% le prime due, e il 10% l’ultima. Dunque, non l’80% e il 20% come aveva invece sostenuto in un primo momento la teste. Sede del consorzio, inoltre, era un terreno di Vito Emmolo a Pantelleria. La perdita della Cogem per tale appalto si rivelerà molto importante. Per detta opera, infatti, è stato istituito un lodo arbitrale, che aveva ribaltato l’ingente costo delle spese legali sulle consorziate. I lavori non sono stati mai conclusi a causa di un errore di progettazione, che si è poi risolto in un risarcimento di 900 milioni di lire. Il 20% fu incassato dalla Cogem di Vito Emmolo.

Altra opera, invece, ultimata è quella relativa al poliambulatorio di Serramanna, il cui appalto è stato aggiudicato nel 2004. Capogruppo dell’ATI era la Cea, mentre la Cogem partecipava con una quota del 70%. Tuttavia, tali lavori si sono rivelati non remunerativi a causa di una perdita per la seconda società menzionata di oltre 250 mila euro. Una delle principali ragioni, secondo la teste, era insita nel prezziario regionale molto datato che avrebbe dovuto mettere in allerta il fratello sui rischi di partecipazione alla gara. Vito Emmolo, invece, sarebbe stato trasportato dal rapporto di lavoro fiduciario con Pasquale Perricone. La Cogem, secondo quanto riferito da Anna Maria Emmolo, non avrebbe potuto partecipare alla gara d’appalto se non con la CEA, non essendo in possesso della categoria necessaria.

I legami tra le altre imprese del gruppo Emmolo e la Cea, risalgono già nell’89, quando la teste non era amministratrice ancora della Emmolo Francesco s.r.l. ma di cui era tuttavia socia insieme al padre per la partecipazione alla gara aggiudicata da Cogem e Cea, riguardo dei lavori pubblici da eseguire in subappalto (di circa 400 milioni di lire) avente ad oggetto gli acquedotti esterni sempre dell’isola di Pantelleria. Anche in questo caso nacque una disputa giudiziale. Nel 2015 nessuna somma del contenzioso è stata incassata dalla Cogem posta nel frattempo in liquidazione.

Altro punto affrontato nel corso dell’interrogatorio è stato quello relativo alla società Promosud servizi, distinta da quella che si occupava di formazione e, anche questa, secondo l’accusa, riconducibile all’ex vicesindaco. La testimone nel corso dell’interrogatorio ha affermato di non ricordare che la citata società, istituita con il compito di fornire manodopera, era formata anche dalla Emmolo Francesco s.r.l., dalla Cosec dello zio Ernesto Emmolo, dalla Cogem, dalla Cea e da altre società. Alla Cosec verrà poi ceduto nel 2010 un ramo d’azienda della Cogem. Sia la Cogem che la Emmolo Francesco s.r.l. sono state dichiarate fallite successivamente.

Un’altra società che collaborava sempre con la Cea, la Edil Costruzioni, nata a fine anni ’90, si occupava invece di lavori privati. La società era amministrata dal nipote, Francesco Emmolo, e formata dall’ex marito della signora Anna Maria, Leonardo Impastato, da Vito Parisi, fratello di Domenico Parisi, e dalla moglie di Pasquale Perricone, Antonina D’Angelo.

Infine, un’ultima società, la Euroconsult è stata costituita alla scopo di comprare all’asta i beni di uno zio della teste e formata inizialmente da soli parenti. Successivamente, in mancanza di somme adeguate per compiere tale operazione, Vito Emmolo suggerì alla sorella di fare entrare nella cordata Domenico Parisi, cosa che sarebbe avvenuta mediante delle teste di legno. Di tale società, la teste deteneva il 19%, una quota poi ceduta al cugino Dario Emmolo. Domenico Parisi, presidente del consiglio di amministrazione, secondo la signora Emmolo “agiva dietro le quinte”, in quanto non socio e dunque avrebbe detenuto una quota della società in maniera occulta. A causa, inoltre, di una “amministrazione allegra” della stessa venne stabilita dal cda la firma congiunta del signor Vito Emmolo da apporre negli assegni. Cosa che non sarebbe stata mantenuta.

I legami per i lavori del porto di Castellammare del Golfo

Gli avvocati Ferro e Benenati hanno anche chiesto alla teste delucidazioni sulle sue dichiarazioni in merito ai fatti relativi al cantiere del porto della località turistica. Precisamente, Anna Maria Emmolo ha raccontato che è stato Domenico Parisi a cercare il fratello per la composizione dell’ATI che si sarebbe successivamente aggiudicata l’appalto dei lavori, probabilmente, perché la Cogem era accreditata presso istituiti di credito. Dalla data dell’assegnazione dei lavori lo zio Ernesto Emmolo invece era fideiussore della società, amministrata all’epoca dall’ex marito della teste, Leonardo Impastato (dal 2001 al 2007). In seguito, Anna Maria Emmolo diventerà la garante nei confronti delle banche per l’impresa del fratello. Inoltre, alla testimone sono state rivolte domande sulla Comesi, l’altra società facente parte dell’ATI che è stata estromessa a seguito dell’incasso dei primi due Sal (Stato Avanzamento Lavori) non fornendo i mezzi necessari e non ribaltando i costi sulla consorziata Nettuno. Le quote di questa impresa sono poi passate alla Cea. La Comesi avrebbe, infatti, dovuto fornire il pontone che si rivelò non idoneo. Secondo la teste, Francesco Taormina, amministratore della citata società, avrebbe abbandonato l’esecuzione dei lavori a causa della gestione dei lavori in capo a Domenico Parisi, uomo di fiducia di Pasquale Perricone. Per la difesa, invece, sarebbe stata estromessa a causa della mancata fornitura appunto.

Domenico Parisi e Mary Perricone intrattenevano i rapporti con i fornitori dei lavori del porto di Castellammare e, dunque, il presidente Rosario Agnello rappresenta, per l’accusa, una mera “testa di legno” della Cea. A comandare all’interno del cantiere, non solo secondo la teste, ma anche per alcuni fornitori che avevano avuto dei problemi per dei crediti vantati, erano i primi due soggetti sopracitati. Nello specifico, Anna Maria Emmolo ha ricordato le vicende degli imprenditori Giuseppe Bongiovanni, fornitore di pietrame, sostituito successivamente da Antonino Caleca. In particolare, il primo avrebbe interrotto un’azione esecutiva, per le somme non corrisposte dalla Nettuno, nei confronti della capogruppo Coveco, soltanto dopo avere contattato Vito Emmolo e Rosario Agnello, i quali si erano scusati per il comportamento del Parisi che aveva interrotto i pagamenti. L’imprenditore avrebbe dovuto ottenere in cambio 6 assegni da 102 mila euro ciascuno, ma ne incasserà soltanto uno con il sopraggiungere del sequestro del porto di Castellammare del Golfo. Secondo quanto riportato dalla teste, nelle sommarie informazioni, per lavorare all’interno del cantiere gli imprenditori fornivano delle bustarelle al Parisi. Per quanto riguarda il 13° Sal non pagato dalla Coveco, la teste, diventata nel frattempo liquidatrice della COGEM, ha precisato che non ha potuto recuperare le somme a causa della difficoltà nel reperire i documenti sequestrati. L’ultima parte dell’interrogatorio è stato volto a ricostruire lo “scontro” telefonico che la signora Emmolo ha avuto con Pasquale Perricone. Nel corso di tale contatto, avvenuto per sollecitare la firma della moglie dell’ex vicesindaco sul verbale dell’assemblea della Edil Costruzioni di approvazione del bilancio, indispensabile per la vendita di alcune villette a Pantelleria, Anna Maria Emmolo aveva chiesto all’ex esponente del PSI di toglierle “ di torno i suoi scagnozzi”: Domenico Parisi e Mary Perricone. Il primo, infatti, avrebbe cercato di convincere il nipote Francesco a costruire degli immobili rustici sui lotti di terreno a Pantelleria per poterli poi vendere. Un suggerimento evidentemente non apprezzato visto le cattive acque in cui versavano le imprese di famiglia e, secondo la teste, a causa di queste collaborazioni con la Cea. Anna Maria Emmolo ha infatti sempre criticato la “politica” di detta società e la fiducia di suo fratello nei confronti dei soggetti coinvolti, mediante la partecipazione a quelle gare d’appalto che sarebbero state la rovina economica della sua famiglia.

Infine, la teste ha risposto di non ricordare il nome del soggetto che le avrebbe riferito quanto riportato dalla stessa nelle sommarie informazioni testimoniali in merito all’impresa di import/export di Pasquale Perricone, una società con sede a Cuba dove risiederebbe anche una sua famiglia. Mary Perricone l’avrebbe invece informata sull’organismo regionale del quale avrebbe fatto parte l’ex vicesindaco. Secondo quanto affermato nelle sommarie informazioni dalla signora Emmolo, le sarebbe stato riferito che Perricone avrebbe influenzato la nomina regionale del liquidatore della Cea, Pasquale Russo, imputato nel procedimento parallelo. Sarebbe stato il fratello Vito, invece, a raccontarle che all’indomani della gara d’appalto per i lavori del porto di Castellammare Pasquale Perricone avrebbe contattato l’allora ingegnere capo del comune per indurlo a modificare il prezzo al ribasso. Sempre dal fratello apprendeva che le qualifiche di Mario Giardina e Franco Morbiolo erano di livello inferiore rispetto a quelle previste dal contratto e che richiedeva il titolo di ingegnere. L’avvocato Benenati ha depositato durante l’udienza il contratto d’appalto che non prevede invece tale prescrizione. La signora Emmolo, durante l’esame, non ha voluto poi rivelare il nome di un confidente, oggi defunto, che l’avrebbe messa in guardia dalla figura dell’ex vicesindaco di Alcamo, in occasione della lettera minatoria ricevuta. Decisione che l’ha esposta a quanto previsto dagli obblighi dei testimoni. A controesame concluso, l’imputata Mary Perricone ha reso delle dichiarazioni spontanee disconoscendo la compilazione degli assegni protestati dalla signora Emmolo, firmati dal presidente Rosario Agnello, ai quali è stato fatto riferimento in occasione dell’esame del pubblico ministero. L’udienza è stata rinviata al 12 settembre.

Linda Ferrara

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