Scrive don Alessandro Palermo sul decreto Minniti e gli eventi pubblici

redazione

Scrive don Alessandro Palermo sul decreto Minniti e gli eventi pubblici

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sabato 25 Maggio 2019 - 15:10

In seguito alla “non accoglienza” – comunicatami solo alla vigilia dell’evento – della mia richiesta di realizzare un semplice e normale momento di preghiera cristiana sento il bisogno e il dovere, in primis come cittadino e poi anche come parroco operante in questo territorio, di esprimere alcune mie perplessità circa l’attuazione delle direttive in merito alle misure di safety da adottare in occasione di pubbliche manifestazioni.

La prima perplessità: nei servizi pubblici – a mio parere – non deve per nessun motivo esserci superficialità. Ho sperimentato già diverse volte una certa leggerezza nella gestione delle richieste di manifestazioni esterne, pur avendole presentate (come sono solito fare) in largo anticipo. Chiedere di poter fare manifestazioni esterne (di qualunque tipo) è un diritto che possiedono anche le comunità parrocchiali presenti in questo territorio (anche perché quasi sempre sono le Parrocchie a proporre eventi culturali esterni addossandosi interamente la spesa).

La seconda perplessità: se esistono i diritti devono esistere anche i doveri. Sì, è un dovere rispettare il decreto Minniti e le direttive riguardo le manifestazioni pubbliche. Noto con dispiacere però che, nel nostro territorio, sembra sia assente una certa capacità di considerare le diverse situazioni. E questo mi preoccupa perché impone alla mia Comunità Parrocchiale di rimanere sempre dentro le mura della chiesa.

Negli aggiornamenti del decreto (Luglio 2018) si attesta che «a distanza di quasi un anno dall’emanazione delle direttive con le quali sono state impartite indicazioni in merito alle misure di safety da adottare in occasione di pubbliche manifestazioni ed eventi di pubblico spettacolo, è emersa la necessità, sulla base del monitoraggio degli esiti applicativi e del confronto con gli enti esponenziali delle realtà territoriali, di una rivisitazione e di una reductio ad unum delle precedenti linee di indirizzo. Tanto, allo scopo di consentire l’individuazione di più efficaci strategie operative a salvaguardia dell’incolumità e della sicurezza dei partecipanti, nel rispetto delle tradizioni storico – culturali e del patrimonio economico – sociale delle collettività locali».

Marsala ospita da secoli due grandi eventi pubblici religiosi: la processione del Giovedì Santo e la processione del Venerdì Santo. Due eventi enormi che esprimono l’identità religiosa e culturale della città di Marsala. Ovviamente – in un paese civile e democratico – non si possono inventare leggi che vietino la loro realizzazione, possono esserci però (come il decreto Minniti) indicazioni per la sicura e corretta realizzazione e queste due manifestazioni (essendo molto partecipate e interessando buona parte del territorio urbano del centro storico) hanno richiesto in toto la messa in atto del decreto. Marsala, però, come le tante altre città della provincia (in cui però non si registrano queste problematiche), ospita tante altre manifestazioni pubbliche e religiose che non sono paragonabili (come partecipazione e interesse) a quelle del Giovedì e Venerdì Santo. Ci sono, infatti, “manifestazioni religiose esterne” (chiamasi “fiaccolate” per distinguerle dalle processioni), o pellegrinaggi, che consistono in 2 semplici spostamenti quasi sempre partecipati da piccoli gruppi di fedeli (perchè eventi di preghiera e non di spettacolo quindi non ci trovi affluenza di persone) necessari però per l’espressione libera della fede che rischiano di essere cancellate a causa di una legge forse applicata senza il buon senso. Se non riusciamo ad applicare il buon senso rischiamo di venir meno al rispetto delle tradizioni storico – culturali e del patrimonio economico – sociale delle collettività locali (cfr il Decreto 2018).

Ritornando alle linea guida del decreto viene evidenziato che le direttive devono tener conto della tipologia dell’evento: cioè invitano ad accendere il buon senso. Una cosa è la processione del Giovedì Santo altra cosa è una fiaccolata a cui possono partecipare non più di 100 persone. «Nel presente documento sono riportate le indicazioni da seguire per la caratterizzazione e il dimensionamento delle misure di sicurezza finalizzate al contenimento del rischio in manifestazioni pubbliche che si tengono in luoghi all’aperto in cui si profilino peculiari condizioni di criticità connesse alla tipologia dell’evento, alla conformazione del luogo, al numero e alle caratteristiche dei partecipanti, non assoggettate ai procedimenti di cui all’art. 80 del Regio decreto 18 giugno 1931 n. 773 (cfr Linea guida per l’individuazione delle misure di contenimento del rischio in manifestazioni pubbliche con peculiari condizioni di criticità, luglio 2018)».

La presentazione del piano di sicurezza, del piano emergenza, del piano sanitario, della mappa etc. ha un costo di circa 500,00 € e tutto ciò ha senso quando bisogna realizzare una processione o un evento esterno di particolare interesse e con un’elevata partecipazione ma non ha per niente senso per la realizzazione di semplici momenti di preghiera. A fatica riusciamo a comprare 100 flambeaux per donarle gratis ai fedeli, è impossibile e non il caso di spendere 500 € per avere un permesso a pregare pubblicamente. La mia vuole essere una semplice e libera riflessione che desidero condividere per evidenziare alcuni rischi e lanciare una proposta. I tre rischi: 1) senza buon senso si rischia di coltivare società chiuse e persecutorie verso tutto ciò che è semplice; 2) Le comunità parrocchiali rischiano di essere obbligate a rinunciare ai loro ordinari e semplici (a volte anche spontanei) momenti esterni di preghiera o di condivisione; 3) la libera espressione religiosa rischia di essere messa a tacere. La proposta: forse è opportuno pensare a una sorta di mediazione del decreto condiviso dai diversi organi competenti che tenga conto delle diverse situazioni.

Alessandro Palermo

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