Scrive Marianna Laudicina su via D’Amelio, la memoria e la consapevolezza

redazione

Scrive Marianna Laudicina su via D’Amelio, la memoria e la consapevolezza

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giovedì 19 Luglio 2018 - 17:00

Vi siete emozionati oggi? Vi siete battuti il petto ascoltando i loro nomi? Avete fatto le vostre belle kermesse? Avete organizzato eventi, pubblicizzato, invitato forze dell’ordine e istituzioni? Ecco, stanotte dormirete sicuramente sonni tranquilli. Avete fatto la vostra buona azione, magari avete già fatto lo stesso il 9 e il 23 maggio, lo farete anche il 26 luglio e chissà in quali altre giornate in cui si ricorda l’anniversario della morte di una delle circa 900 vittime innocenti delle mafie. Se ne avete tempo, ovviamente. Se ne avete voglia, anche. Comunque, adesso basta, avete fatto anche troppo! Tornate nel vostro ufficio, alla vostra bella scrivania, alla vostra vita quotidiana. Vi sentite leggeri, eh? Pensate di aver fatto un grande gesto per l’umanità, magari vi sentite anche un po’ eroi, ammettetelo. “Io c’ero, l’ho ricordato”, penserete. “Ho organizzato io tutto”, direte. E sarete convinti di aver reso il mondo migliore.

Adesso però mi sento di dirvi una cosa un po’ forte, schietta e che di certo non gradirete: non avete fatto un bel niente. Delle vostre kermesse, dei vostri grandissimi eventi, delle vostre sfilate il mondo non se ne fa un bel niente. Pensate di aver onorato la memoria di qualcuno che si è sacrificato mentre cercava la verità? Pensate di aver onorato la memoria di qualcuno che cercava di proteggere chi si è sacrificato mentre faceva il proprio lavoro? Oppure ancora, pensate di aver onorato la memoria di qualcuno che è andato contro la sua stessa famiglia? Voi ci avete provato e – magari in buona fede – avete anche fatto del vostro meglio. Ma tutto quello che avete fatto per una data ben precisa non conta un bel niente. Anzi, meno. Meno di niente. Soprattutto se il giorno dopo siete ritornati alle vostre vite in cui non è che siete mafiosi, però “non serve che mi faccia lo scontrino”, “mi hanno rubato il motorino? Nah, che denuncia… adesso chiamo questo mio amico che conosce la gente giusta e vediamo se lo trovo”. E però… il voto di scambio, le case non dichiarate, “non ho visto, né sentito niente”, eccetera, eccetera, eccetera…

“Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarsi. Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta”. Scrisse Rita Atria. Si uccise esattamente una settimana dopo la morte del magistrato, il 26 luglio. Era andata contro la sua famiglia, contro la madre, contro il fratello, contro figure che avrebbero dovuto farle da esempio. Un esempio a cui lei si è fermamente contrapposta ma, senza l’appoggio di Borsellino, ha creduto di non potercela fare.

Allora adesso tornate alle vostre vite tranquille, al vostro lavoro, alla vostra quotidianità. Ma sappiate che la memoria dei morti ammazzati per mano delle mafie la onorate soltanto se ci tornate con consapevolezza: siate cittadini attivi, parlate, scrivete, fate domante, denunciate e arrabbiatevi. Arrabbiatevi perché il mondo che volete non è questo e sono sicura non vogliate che i vostri figli, i vostri cari o la gente a cui tenete viva in un mondo corrotto, dove l’illegalità la fa da padrona, dove la gente viene uccisa mentre fa il proprio dovere o quello in cui crede. Camminate, scendete in piazza, sporcatevi le mani, metteteci la faccia. Sarà difficile, lo è più di qualsiasi altra cosa, ma forse è così difficile proprio perché è quello che ci chiede il mondo. Non serve essere eroi, non serve fare l’impossibile: basta pretendere i propri diritti.

Ricordate anche che oltre alla mafia che spara e compie le stragi, ce n’è un’altra, ancora più viscida: quella che si infiltra nei luoghi del potere stringendo mani ed elargendo sorrisi. E’ più difficile da trovare, più difficile da combattere. Vi mette l’acquolina in bocca e forse non resisterete. Provateci, per voi stessi e per un noi che vi appartiene più di quanto crediate.

Siciliani o no, fatelo. Perché Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano, Claudio Traina, Paolo Borsellino e tutte le altre vittime innocenti delle mafie ce lo stanno chiedendo, ora più che mai.

Marianna Laudicina

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