Sergio Mattarella, l’ultimo difensore della Costituzione

Chiara Putaggio

Sergio Mattarella, l’ultimo difensore della Costituzione

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venerdì 11 Maggio 2018 - 06:30

Ha i capelli bianchi, gli occhi azzurri come i buoni delle favole, una “s” un po’ stentata nella pronuncia, ma Sergio Mattarella è l’ultimo dei guerrieri, l’ultimo dei partigiani fratelli, l’ultimo degli autorevoli in un Paese che dal 1978 ha perso il diritto all’autorevolezza.

Quelle macchie che si chiamano via Caetani e Cinisi hanno avuto esiti diversi. Quella di Cinisi è diventata parte di un’opera d’arte. Una risurrezione culturale dove la barbarie dell’intoccabile mafia ha decretato la fine di se stessa e del muro di silenzio e l’avvio di una rivoluzione culturale che seppur con fasi più stanche, non è mai cessata. Oggi in tutte le scuole d’Italia si sa cos’è la mafia, si realizzano progetti per la cultura della legalità, si parla dei morti e dei loro mandanti. Ora una comunità sempre in crescita che ogni anno si arricchisce di nuovi giovani accoglie e prende con sé la bellezza che Peppino Impastato ci ha insegnato. La strada è lunga, ma è avviata. La macchia di via Caetani, invece, è lì, vera, ferma. Ci guarda con dolore e rimprovero e attende, delusa da anni di silenzi complici, di indegne occupazioni di ruoli pensati talmente alti da essere definiti onorevoli dai padri della Costituzione (c’erano anche Aldo Moro e il nostro Francesco De Vita), che si recuperi quella dignità che fondò la nostra Repubblica.

Quelle due macchie hanno avuto conseguenze opposte. La morte di Peppino lo ha moltiplicato. Proprio oggi, a centinaia si sono riuniti a casa sua, la Casa della Memoria, per compiere i cento passi; tantissimi ragazzi negli anni sono stati lì e hanno portato nella loro vita un pezzo del pensiero e dell’autorevolezza di Peppino. Non lo stesso è successo per Aldo Moro, anzi, l’esito è quasi rovesciato. Non solo la politica non ha avuto quello scatto di orgoglio che si dovrebbe provare innanzi alla peggiore delle ingiustizie, ma si è, piano piano, addormentata, decretando la sua morte, almeno sul piano ideale. Ha dormito anche, o forse soprattutto, durante le risse in parlamento (che tutti noi ricordiamo), ha dormito quando il compromesso storico l’ha fatto, ma svuotandolo di contenuti, ha dormito quando sono iniziati i processi e le ipotesi di reato a carico dei parlamentari. E siccome la nostra, almeno in teoria, è una Repubblica basata sulla rappresentatività (nonostante le leggi elettorali da anni esautorano i cittadini del diritto di scelta conquistato con la vita di tanti connazionali) forse l’alone si è verificato alla rovescia e anche il Paese si è sopito, immemore degli ideali che lo hanno fondato.

Il Paese è diventato somigliante a quella politica. Ma Mattarella no. Lui non dorme e come i buoni delle favole si appella alla responsabilità. Chiede che si vada oltre la miopia e non avalla governi di minoranza alla ricerca di consensi da trovare uno alla volta e chissà come. Mattarella non è andato a Cinisi perché è cattolico praticante e sa che Peppino è vivo, anzi, è risorto e per lo stesso motivo, invece, in via Caetani c’è andato e ha reso onore all’onorevole Aldo Moro.

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